Tra i tanti fattori che oggi minano e destabilizzano l’istituto familiare, ci sono, secondo la Conferenza Episcopale Italiana, le convivenze di fatto e i divorzi sempre più numerosi, un sistema fiscale che "disincentiva la procreazione", e anche "i tentativi di equiparare alla famiglia forme di convivenza tra persone dello stesso sesso". I vescovi lo scrivono negli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, pubblicati oggi sul tema "Educare alla vita buona del Vangelo".
La famiglia, si legge nel documento "a un tempo, è forte e fragile", e la sua debolezza "non deriva solo da motivi interni alla vita della coppia e al rapporto tra genitori e figli". Secondo la Cei tra i fattori destabilizzanti, non si possono trascurare il diffondersi di stili di vita che rifuggono dalla creazione di legami affettivi stabili e i tentativi di equiparare alla famiglia forme di convivenza tra persone dello stesso sesso".
Il richiamo della Cei è che "la famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità". "Sostenere adeguatamente la famiglia – conclude -, con scelte politiche ed economiche appropriate, attente in particolare ai nuclei numerosi, diventa un servizio all’intera collettività".
Le reazioni della comunità lgbt non si sono fatte attendere. L’associazione umanitaria EveryOne sottolinea come "la teoria secondo cui le coppie formate da persone dello stesso sesso minacciano la famiglia è purtroppo la stessa che utilizzarono i nazisti ai tempi dell’Olocausto per perseguitare i triangoli rosa". Per Franco Grillini la Cei sbaglia prché "ogni famiglia è una risorsa e un bene per la società". Per Arcigay l’attacco della CEI alle convivenze gay "è totalmente privo di senso e testimonia tutta la lontananza delle gerarchie ecclesiastiche dalla società e dalla stessa Chiesa che dovrebbero rappresentare. Definire infatti destabilizzanti per la famiglia, qualcosa che è famiglia come le coppie composte da persone gay, lesbiche o transessuali, è assurdo ed è pure una menzogna bella e buona. Lo dimostra l’esperienza di decine di stati europei e non dove il riconoscimento di diverse forme di convivenza ha rafforzato la coesione sociale, ha ridotto la violenza e la discriminazione e ha incrementato il benessere della popolazione".
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