Dopo anni di repressione verso le persone LGBT, Cuba è a una svolta: si dovrà però attendere l’introduzione di una nuova Carta.
È stato un cambiamento vero o solo un’operazione di cosmetica? Il cambio della guardia alla presidenza di Cuba avvenuto pochi mesi tra Raul Castro, fratello di Fidel, e Miguel Diaz-Canel, potrebbe avere conseguenze concrete, almeno per quanto riguarda la comunità LGBTI dell’isola caraibica.
Successivamente all’arrivo al potere del nuovo leader, il primo della generazione post-rivoluzionaria, l’Assemblea Nazionale cubana ha incaricato una commissione ad hoc per redigere una nuova versione della Carta Costituzionale, che adegui ai tempi il testo varato 40 anni fa dai rivoluzionari castristi.
Secondo quanto ha affermato la psicologa Mariela Castro Espin, nella nuova Costituzione dovrà esserci spazio per un riconoscimento dei diritti LGBT. Una voce la sua doppiamente autorevole a Cuba, non solo perché figlia dell’ex presidente Raul e nipote di Fidel, ma perché ricopre il ruolo di direttrice del Cenesex, il Centro Nazionale di Educazione Sessuale.
“Prima c’era del pregiudizio e non si volevano affrontare certe questioni. Undici anni fa – ha ricordato Castro Espin a AFP – abbiamo cominciato a tenere seminari sull’omofobia e la transfobia. Questo ha aiutato a preparare il terreno per creare un dialogo all’interno della popolazione”.
Per la psicologa l’obiettivo, anche se non immediato, resta il matrimonio egualitario: “Nella Costituzione ci sarà una sezione sui diritti in cui le persone LGBTI dovranno essere coinvolte. Le Carte costituzionali non arrivano necessariamente al dettaglio delle questioni. Aprono delle porte, in modo che poi si possa discutere di come cambiare il nostro sistema di leggi”.
Sul tema resistono comunque dei focolai di opposizione: sia tra i cattolici più integralisti, sia tra gli esuli cubani negli Stati Uniti, che parlano di un’operazione di pinkwashing da parte di un regime illiberale.
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