Si è spento all’età di 67 anni nella sua casa nel Greenwich Village di New York David Carter, celebre autore e storico dichiaratamente omosessuale. Si ritiene che la causa della morte sia stata un infarto. David Carter è stato l’autore di Stonewall: The Riots That Sparked the Gay Revolution, pubblicato nel 2004.
Il libro ottenne ottime recensioni e venne poi adattato nel documentario Stonewall Uprising, premiato con un Peabody Award. Ma non si è fermato qui Carter nel contribuire ad omaggiare e ricordare quanto avvenuto a Stonewall, avendo lavorato al fianco del National Park Service per tramutare lo Stonewall Inn e l’area adiacente in monumento nazionale e punto di riferimento storico. Evento che si è verificato nel 2016.
David Carter divenne attivista LGBTQ negli anni ’70, quando era uno studente all’Università del Wisconsin-Madison. Ha poi co-fondato un’organizzazione in difesa dei nostri diritti. Altri suoi lavori includono Spontaneous Mind: Selected Interviews 1958-1996, raccolta di interviste al poeta Allen Ginsburg, e altri libri incentrati sulla storia LGBTQ. Al momento della sua morte, stava lavorando a una biografia dell’attivista LGBTQ Frank Kameny, tra le figure più significative della storia americana LGBTQ ma da tanti poco conosciuto, diventato tristemente famoso dopo essere stato licenziato dal suo lavoro come astronomo per l’esercito americano nel 1957. Solo perché gay.
Carter era anche redattore senior presso Saatchi & Saatchi e aveva contribuito a scrivere pezzi a tematica LGBTQ per BBC, CNN, Time Magazine, Washington Blade e Gay and Lesbian Review. Un amico di lunga data, Eric Danzer, l’ha così ricordato al Washington Blade: “Nel suo lavoro sulla storia LGBT è stato meticolosamente metodico nell’assemblare i fatti, appassionato nel seguirli ovunque lo avessero portato ad assicurarsi che la nostra storia fosse raccontata accuratamente. Aveva un grande rispetto per i soggetti del suo lavoro e aveva una grande responsabilità nel preservare l’eredità dei soggetti i cui contributi non erano generalmente ben noti, ma dovrebbero esserlo, come Frank Kameny.”
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