DON SESSO

Le chat sono zeppe di monsignori sfacciati. Un mio amico ebbe una relazione con uno di loro. Perchè Sua Santità li vuole casti?

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In chat non si sa se ci sono più preti gay o feticisti del colletto, i dibattiti sono infiniti, gli scandali (vedi il delitto delle guardie svizzere) insabbiati, e perfino Sua Santità si impunta e pretende che il prete sia virile, come se l’uomo in casa portasse davvero i pantaloni e la virilità fosse sintomo di coraggio, contrapposta alla fatua debolezza della donna.
Ne parlo con un uomo dalla grande cultura ed esperienza, che si definisce “troppo vecchio per non essere considerato altro che un povero pazzo”: una sorta di infiltrato in Vaticano. Chiacchieriamo amabilmente, mi parla della sua vita ma anche di Dio e della Chiesa, dandomi quasi l’idea che quei due non abbiano molto a che vedere l’uno con l’altro.
I pomeriggi gradevoli sono sempre pieni di dubbi e di domande. “Non ho mai toccato un cazzo in tutta la mia vita”, mi confessa e a me viene davvero da credergli, poi mi rivela quanti giovani sacerdoti o seminaristi gay ha tranquillizzato: “Al sesso si può rinunciare, perfino alla masturbazione”, per quanto..
“I ventenni maschietti non riescono a pensare ad altro che alla fica”, mi dice, “mentre per molti giovani omosessuali incapaci di accettarsi farsi prete può essere una soluzione”. C’è la fede che sottende il tutto, ma c’è anche molta lucidità nell’analisi e forse un po’ di rabbia.
Giovanni Paolo II chiedeva scusa a destra e a sinistra per gli errori commessi dagli altri papi, invitava i giovani a non avere paura, eppure non ha mai alzato un dito per noi gay. Benedetto addirittura sembra non aver altro da fare che attaccarci. Lui insinua che chi tanto strepita forse è il primo a non essersi accettato, ma a noi non interessa l’intimità del papa.
Sono i preti il vero mondo da scoprire, perché sono giovani, perché talvolta sono molto affascinanti, soprattutto perché compiono scelte radicali che poi non riescono a rispettare.
Ma perché dovrebbero mantenersi casti? Davvero Dio vuole così? Davvero è questo il problema in una Chiesa che esclude le donne dalle alte gerarchie, che non conosce democrazia, che rinuncia alla procreazione e quindi alla vita, ma non rinuncia mai a parlare del ruolo della donna, della democrazia, e della vita in genere? Perché chi ha scelto di non farsi una famiglia e di non fare sesso non si limita a rispettare coerentemente la propria scelta invece di ficcare il naso nelle mutande altrui?
I politici chinano la schiena davanti ai coloratissimi e ingioiellatissimi gerarchi ma nessuno (a parte l’amico Capezzone) azzarda a gridare che il re è nudo. Non serve indagare sullo Ior o sulla morte del povero papa Luciani, dal passionale e ingenuo “Dio è mamma”. Noi gay possiamo testimoniare più degli altri, perfino più dei boy-scout, quanto il vituperato sesso alberghi anche tra i neri individui.
Buona parte di “Quanti padri di famiglia” è dedicata a preti che non si sono certo nascosti, che hanno fatto sesso con me in casa mia ma anche in parrocchia o in canonica e senza nemmeno cambiarsi d’abito.
Le chat sono zeppe di monsignori sfacciati che qualcuno crede impostori. Può essere, ma per ogni finto
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Le chat sono zeppe di monsignori sfacciati che qualcuno crede impostori. Può essere, ma per ogni finto prete col clergyman credo ci siano almeno tre veri preti in borghese.
Un mio amico ebbe una relazione con uno di loro che si spacciava per sindacalista, fino a che perfino il suo angusto cervello mangiò la foglia: vabbene difendere gli operai ma era troppo anche per lui uno che lavora tutte le domeniche e tiene sempre la Bibbia sul comodino.
Un altro ragazzo mi confessò che durante il servizio militare erano costretti ad ascoltare le invettive antionanismo del cappellano che poi, nel confessionale, prestava non solo l’orecchio a chi non riusciva proprio a trattenersi. “Posso aiutarti io, al limite”, diceva. “E tu non ti sei accorto di niente?”, gli chiesi, sbigottito di tanta influenza su ragazzi comunque maggiorenni. Mi rispose che cominciò a capire qualcosa quando glielo prese in bocca…
Addirittura l’altro ieri mi hanno detto di un ragazzo che passa i pomeriggi a piazza san Pietro a rimorchiare preti, uno dei quali lo avrebbe condotto per una sveltina fin dentro un confessionale dell’omonima basilica.
Non ho le prove di quanto affermo, quindi va tutto preso col beneficio di inventario, però il discorso di fondo non cambia: è stato detto già tanto ma pare non ci sia voglia di ascoltare. O forse, per me che vivo davanti piazza san Pietro e subisco orde di invasati e cumuli di immondizia (la fede sembra non si sposi con l’educazione civica), questa città accetta il paradossale compromesso tra la funzione di guida spirituale della Chiesa, il suo palese potere economico e le tante note stonate. I Romani convivono con qualunque cosa senza mai ribellarsi e Romani (dovunque siano nati) sono pure i gay che non si stupiscono di vedere colletti bianchi girare per i parchi o infilarsi negli armadietti di qualche sauna e magari si ingrifano per un simile abbigliamento e ciò che rappresenta.
Le parafilie – moderno nome delle perversioni – sono tante, ognuno ha le sue. Un prete in fondo è un uomo come tutti gli altri, anche sotto il profilo sessuale. Noi lo abbiamo capito e non ne facciamo un dramma. Ma forse lo ha capito anche Sua Santità, che non a caso vorrebbe preti sempre più virili.
Flavio Mazzini, trentenne, giornalista, ha deciso di prostituirsi con uomini per raccontare le proprie esperienze nel libro “Quanti padri di famiglia” (Castelvecchi, 2005). Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini

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