Il film più romantico di San Valentino? Un film di mostri, con tanto di dita mozzate e zampilli di sangue. Questo è La Forma dell’Acqua.
Incredibile a dirsi, eppure trasuda sentimenti autentici il visionario La Forma dell’Acqua di Guillermo del Toro, appassionante fiaba gotica che altro non è che la storia d’amore tra Elisa (Sally Hawkins nel ruolo di una carriera), un’addetta alle pulizie italoamericana, muta e timidissima, nel laboratorio segreto di un’agenzia governativa americana degli anni Sessanta, in piena Guerra Fredda, e un misterioso uomo-pesce catturato in Amazzonia (Doug Jones) per esperimenti scientifici contesi fra russi e americani.
Forte del Leone d’Oro a Venezia, due Golden Globes vinti e ben 13 nomination agli Oscar (noi tifiamo ovviamente per Call Me By Your Name di Guadagnino, ma la lotta sarà tra Del Toro e il caustico Tre Manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh), La Forma Dell’Acqua potrebbe conquistare la statuetta più importante, quella di miglior film, mentre quella per la regia è già praticamente in tasca al valente cineasta messicano.
Inizialmente doveva essere il remake de ‘Il mostro della laguna nera’, cult horror in bianco e nero del 1954 diretto da Jack Arnold, ma i produttori non erano convinti e così è diventato una fiaba meravigliosa sulla comprensione della diversità: non solo i protagonisti sono fragili alieni che devono adattarsi al mondo in cui vivono come il liquido col suo contenitore, ma il miglior amico di Elisa è un anziano illustratore gay, Giles (un esemplare Richard Jenkins a cui solo Sam Rockwell potrebbe sottrarre l’Oscar), infatuato del cameriere omofobo di un diner in tempi in cui l’omosessualità è da occultare pubblicamente e onta scandalosa di fronte alla famiglia cosiddetta ‘tradizionale’.
Scandalosa è invece la mancata nomination all’Oscar per il cattivo da antologia interpretato da un fenomenale Michael Shannon mentre è arrivata, giustamente, la segnalazione per Octavia Spencer nei panni della benevola collega nera di Elisa, complice insostituibile nel piano ordito per salvare la creatura anfibia.
Ma è anche proprio la ‘forma’, lo stile del film, a farne un superbo titolo da Oscar: dalla magnifica fotografia virata in verde bottiglia di Dan Laustsen alle musiche avvolgenti di Alexandre Desplat, tutto contribuisce alla riuscita di un fantasy antisessista pieno di anima, di affascinanti soluzioni visive e con un finale commovente.
Pur ispirandosi ai b-movie fantascientifici molto in voga negli anni Sessanta, La Forma dell’Acqua è un lungometraggio maturo che è anche un irrinunciabile atto di fiducia nella capacità della Settima Arte di generare sogni vividi – non a caso Elisa e Giles vivono in due appartamenti adiacenti sopra a un vecchio cinema – in grado di parlare alla società contemporanea affrontando temi ancora terribilmente attuali, come l’omofobia nella moderna società trumpiana. Persino il padrino dell’horror nazionale, Dario Argento, ha adorato il film definendolo “Il più bello dell’anno” e Del Toro “Uno dei migliori registi in circolazione”.
Da vedere. E Buon San Valentino.