Il 2 dicembre del 1946 nasceva Gianni Versace, uno degli stilisti più importanti della storia della moda ed uno di quelli che l’ha cambiata e definita maggiormente.
Molti stilisti cambiano la moda, rivisitando stili e rilanciando ere con un twist moderno, ma pochissimi di loro sono riusciti a rivoluzionarla nel modo in cui lo ha fatto lui.
Sono passati ormai 22 anni dalla tragica morte di Gianni Versace – soggetto della seconda stagione di “American Crime Story” del regista e sceneggiatore gay Ryan Murphy con il sottotitolo “L’Assassinio di Gianni Versace” – che fu acclamato dalla critica e vinse 3 Emmy Awards.
Nel 1997, infatti, lo stilista fu tragicamente assassinato sui gradini della sua dimora di Miami e da quel giorno il mondo della moda non fu più lo stesso.
Da allora, sua sorella Donatella ha preso il suo posto come nuova direttrice del Marchio, diventando lei stessa una grandissima icona, rispettando e mantenendo viva la visione del fratello nel migliore dei modi.
Gianni Versace: colui che svecchiò l’alta moda e creò un nuovo linguaggio da passerella
Versace svecchiò totalmente l’alta moda, soffiando via le ragnatele da ciò che era ormai troppo classico e “già visto”, prevedibile, riscrivendone completamente le regole.
Egli intensificò la saturazione del colore, aumentò il volume e trasformò i vestiti in veri e propri oggetti di cultura pop e dove le “Gianni’s Girls” – modelle come Naomi Campbell, Cindy Crawford, Linda Evangelista e Christy Turlington – erano dive globali, come poche altre modelle possono dire di esser state.
Gianni Versace era l’emblema di quella generazione di designers che erano più provocatori che uomini d’affari; e ruppe totalmente il linguaggio dell’alta moda per costruirne uno nuovo.
Con lui la moda non era solamente una mera vendita di una collezione d’abiti che vedevi sfilare in fila indiana, ma uno show vero e proprio.
Con le sfilate di Versace si assisteva, per le primissime volte, ad una fusione di glamour, androginia, camp e persino BDSM: le supermodelle sfilavano anche in tre assieme e i loro look erano come armature.
Le sfilate di Versace: l’atto di provocazione e i messaggi di abiti che erano più che soli vestiti, ma oggetti di cultura pop
In una sfilata-show Gianni Versace si creavano dei look complessi, vere e proprie opere d’arte nelle quali l’abito era solo la base e quella stessa “armatura” metaforicamente nascondeva – o urlava a chiare lettere – uno o piuù messaggi che quella determinata collezione voleva imprimere nel mondo.
In un mondo maschilista, le “Gianni’s Girls” non erano solo modelle per Versace, ma vere e proprie amiche e confidenti, devote all’uomo.
Gianni Versace fu uno dei primi stiliste a rispettare le proprie modelle in quanto esseri umani e, soprattutto, lavoratrici e, come dichiarò Naomi Campbell in un’intervista con “Vogue“:
È stato il primo a riconoscere la nostra individualità e a pagarci di conseguenza. È stato anche il primo a introdurre il concetto di esclusività: avresti camminato solo per lui.
Per Naomi Campbell, la “Venere Nera”, Gianni Versace era come un migliore amico, il suo protettore, colui che la spingeva a migliorarsi, ad essere sempre la migliore versione possibile di sé.
Gianni? Ha salvato la mia vita tante, tante volte. Posso sentirlo ancora nella mia mente, che mi dice di non fare determinate cose o di uscire da determinate situazioni sbagliate. E io obbedisco, immediatamente. Gli devo la mia vita.