Il Turin Gay & Lesbian International Film Festival, la più importante manifestazione cinematografica queer d’Italia, considerato il terzo del mondo dopo San Francisco e Londra, è in totale stallo: l’unico del team a essere stato contrattualizzato è il segretario Piero Valetto, per cui non sono ancora iniziati i lavori della 32esima edizione che non sarà ad aprile ma in tarda primavera, probabilmente a giugno.
Ma per fortuna si farà. Il direttore storico Giovanni Minerba però lascia, su decisione del Museo del Cinema che gestisce il festival. Probabilmente gli sarà affidata una presidenza onorifica e/o un contratto di collaborazione ma ora è in forse anche questa possibilità: pare che il Museo si sarebbe offeso per alcune dichiarazioni di Minerba (La Stampa riporta questa frase: “Mi hanno messo alla porta senza un perché dopo 30 anni”). È stato quindi lanciato un comunicato in cui si dice testualmente: “Il Museo Nazionale del Cinema prende atto delle dichiarazioni di Giovanni Minerba, che arrivano alla conclusione di un lungo percorso condiviso con lui e con gli assessori Francesca Leon, Antonella Parigi e Marco Giusta in relazione al suo ruolo nel Tglff e che prevedeva la presidenza con il compito di definire le linee guida con il direttore artistico di anno in anno. Alla luce di questi nuovi sviluppi, il Museo nei prossimi giorni valuterà la definizione del rapporto”.
Giovanni Minerba ci ha rilasciato un’intervista esclusiva.
Hai fondato il festival con Ottavio Mai e l’hai diretto per ben 31 anni. Ti è stato proposto un cambio alla direzione. È una decisione improvvisa o maturata nel tempo? E perché, secondo te?
Si era iniziato a parlare circa un anno e mezzo fa, a ottobre 2015. Mi aveva prospettato questa possibilità Alberto Barbera (l’allora direttore del Museo del Cinema di Torino, n.d.r.), su indicazione del Comitato di Gestione del Museo. Ne avevamo discusso e fatto dei ragionamenti. Nel frattempo iniziò la preparazione dell’edizione 2016. Poi, dopo alcune riunioni sul tema, Barbera mi comunicò che era stato deciso di accantonare il progetto. Arriviamo ad ottobre 2016. Sono stato convocato da Barbera e mi ha comunicato che gli era stato chiesto di riprendere il discorso. Dopo varie riunioni siamo giunti a questa decisione. Il perché sta nell’idea di rinnovamento e riposizionamento del progetto festival LGBT.
È vero che ti è stata proposta una presidenza retribuita e tu l’hai rifiutata?
A questa domanda preferisco non rispondere.
Si vocifera che il prossimo direttore sarà una donna, forse la regista Irene Dionisio che per ora dice: “Non c’è nulla di ufficiale”. Che ne pensi?
Su quello che si vocifera non credo si possa rispondere e tantomeno dire nulla su qualcuno, sino a quando non è ufficiale tutto.
Se dovessi indicare tu un possibile successore, chi sceglieresti?
Nelle varie riunioni si è ragionato insieme su chi poteva essere interessante provare a coinvolgere. Il primo nome che ho proposto è stato quello dell’amico Ivan Cotroneo, che a causa dei suoi tanti impegni ha poi declinato la proposta.
L’unica persona del festival a essere riconfermata è Piero Valetto, quindi il TGLFF si farà. Credi che la tua squadra sia disposta a seguire un nuovo direttore?
Il ruolo di Piero è sempre stato e sarà determinante all’interno della squadra del festival, indipendentemente dal direttore, per questo è già partito il suo contratto e quindi la preparazione del lavoro di sua competenza. Per quanto riguarda la squadra, in primis sarà il nuovo direttore a decidere se continuare ad avvalersi della loro esperienza. Se sarà così loro valuteranno. Oppure ci sarà una nuova squadra.
Si dice che la prossima edizione sarà rimandata a fine primavera, probabilmente a inizio giugno. Credi che sia possibile organizzare il festival in soli quattro mesi?
Anche su questo potrò risponderti solo quando si definirà tutto l’impianto del festival, comprese le date della prossima edizione.
Se Ottavio fosse ancora qui con noi, che penserebbe di tutto ciò?
In questo momento consentimi che sia Ottavio a rispondere per me con un breve passaggio di una sua poesia: “Arrampicarmi dovrò – tra i cespugli morti, nel buio – al lamento delle civette e dei gufi – morirò o vivrò? – Non so – ma da lassù vedrò la mia vita.”
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