Giovannini, Cartabia e Cantone: i 3 papabili alla carica di premier. Cosa pensano della comunità LGBT?

Tre sono i nomi che stanno girando. E non tutti sarebbe in linea con la comunità LGBT+.

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3 min. di lettura

Sono ore frenetiche per la politica italiana. Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato il via alle consultazioni. Se si ipotizza un nuovo esecutivo formato da Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico, ci sono solo supposizioni su chi potrebbe essere il premier incaricato. Da ieri, girano però tre nomi: Raffaele Cantone, Enrico Giovannini e Marta Cartabia. 

Chi sono e cosa ne pensano di matrimoni egualitario, adozioni, famiglie omogenitoriali e più in generale della comunità LGBT? Esclusione fatta per Raffaele Cantone, il quale non ha mai trattato pubblicamente l’argomento (era il direttore dell’Autorità anti corruzione), gli altri due papabili premier sono stati più volte associati alla comunità LGBT. E non sempre positivamente.

Enrico Giovannini e Marta Cartabia: i papabili premier pro e contro la comunità LGBT+

Partiamo da quella che potrebbe essere la prima donna presidente del Consiglio. Una svolta per la politica italiana. Un po’ meno per noi.

Marta Cartabia

Classe 1963, dal 2011 è una giudice della Corte Costituzionale. Donna intelligente e brillante. Vicina a Comunione e Liberazione. Contro i matrimoni omosessuali. Li ha criticati nel 2011, quando sono stati approvati dallo Stato di New York. E’ andata contro la legge Cirinnà, con CL che fino all’ultimo ha sperato in una rottura di Ncd per far naufragare l’intero testo. Riguardo il matrimonio egualitario di New York, nel 2011, scriveva che se il matrimonio deve essere un diritto per tutti, si dovrebbe:

eliminare ogni condizione che la legge prevede per il matrimonio: età, divieto di matrimonio tra consanguinei, monogamia.

E sempre riguardante il diritto del matrimonio, dimostra una concezione della sessualità ormai passata da circa 300 anni:

una idea di individuo in-dipendente, dis-incarnato, che non dipende da nulla e da nessuno, la cui libertà si risolve nella possibilità di svincolarsi da qualunque dato e da qualunque condizione, compresa la propria identità sessuale. Secondo questa concezione il genere, si dice, non è dato, ma è scelto.

E si chiedeva:

Mantenere su un piano distinto il matrimonio e la famiglia rispetto ad altre forme di convivenza è discriminare o operare distinzioni?

Insomma, non proprio una sicurezza. E il fatto peggiore è che potrebbe veramente essere la nostra futura premier. Legge sulle adozioni e contro l’omofobia? Addio!

Qui tutti gli articoli della papabile premier.

Enrico Giovannini

Un uomo di tutt’altra versione. Ministro del Lavoro nel governo Letta, è stato presidente ISTAT dal 2009 al 2013. Giovannini è stato il primo ad avviare la prima indagine che ha fotografato la condizione delle persone omosessuali e transessuali nella realtà italiana. Grazie a lui infatti è stato introdotto il primo censimento delle coppie dello stesso sesso conviventi, rispondendo all’appello portato avanti proprio da Gay.it e dalle associazioni LGBT.

Come ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giovannini aveva anche il compito di:

a promuovere e coordinare le attività finalizzate all’attuazione del principio di parità di trattamento, pari opportunità e non discriminazione nei confronti delle persone disabili, degli anziani e delle persone Lgbt.

Come recita il punto s) dell’articolo 1 della Gazzetta Ufficiale, in cui si elencavano le deleghe di funzioni del ministro. Un compito che non è riuscito a portare avanti, data la breve durata del governo di Enrico Letta.

La decisione finale spetterà a Mattarella

Che il Capo dello Stato prenderà in considerazione la visione della comunità LGBT+ dei possibili candidati? Da un uomo che fin dal primo discorso da presidente ha ribadito il suo appoggio alle famiglie omogenitoriali (ricordiamo anche la sua firma alla legge sulle unioni civili), ci si aspetterebbe la scelta di una figura che guardi a tutti i cittadini italiani, tanto quelli etero quanto le minoranze.

E il fatto che Marta Cartabia potrebbe essere la prima donna premier non è un buon motivo per lasciare nell’ombra gli italiani LGBT. 

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