Ci voleva un grande saggio come Sir Ian McKellen, uno dei massimi attori shakesperiani viventi (esordì tredicenne nel ruolo di Malvolio ne La dodicesima notte) per conquistare i giornalisti in un’accalorata conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma dove ha presentato il documentario su di lui Playing the Part di Joe Stevenson.
“Per un ragazzo o un uomo gay dichiarare la propria omosessualità è la cosa migliore che possa fare – ha detto l’attore 78enne – perché così si smette di mentire, si diventa persino più attraenti, si ha più fiducia in sé stessi e tutto migliora. Io l’ho fatto tardi, a quarantanove anni, ma era anche un’epoca diversa e so che non è facile per tutti. Molti hanno paura di ferire i propri genitori, altri di perdere il lavoro, ma bisogna avere coraggio anche perché posso confermare che da quando l’ho detto, la mia carriera è decollata. Cari attori gay, ditelo e non abbiate paura. Dopo starete solo meglio. Non fate come Kevin Spacey, che lo ha detto in un momento inopportuno. Pensate ad avere una carriera e a costruirla per bene, non ad essere delle star”.
L’immenso Gandalf de Il Signore degli Anelli non dimostra certo gli anni anagrafici che ha e non ha avuto problemi a soffermarsi su alcuni aspetti della sua vita personale: “Non ho mai pensato di avere figli perché sono un po’ egoista. Ho sempre ritenuto che essere gay fosse la cosa migliore per non averli. Fino a quando avevo 29 anni, nel mio Paese era addirittura illegale baciarsi tra due uomini, figuriamoci pensare ad avere dei figli. Fare film è la cosa più bella del mondo, e vale più della vita stessa, a cosa mi serve essere padre? Oggi le cose sono finalmente cambiate, ma io non sento questa necessità pur rispettando chi decide di farlo. Preferisco recitare, un percorso che è stato comunque influenzato da questo mio coming out: prima pensavo che recitare significasse mascherarsi, invece vuol dire rivelare, non nascondere”.
McKellen ha anche raccontato gustosi aneddoti quali la partecipazione a un provino per Barbarella che non andò bene ma fu consolato con uova al bacon cucinate da Jane Fonda e un altro come bandito siciliano, anche lì scartato: “Ero evidentemente troppo inglese”. Si è illuminato poi al ricordo di un incontro memorabile, quando conobbe Eduardo De Filippo grazie a Giorgio Strehler: “Un uomo che porterò sempre nel cuore, avrei voluto recitare nella sua Compagnia”.