La Curia Arcivescovile di Napoli non avrebbe collaborato alle indagini condotte in questi ultimi anni contro i casi di pedofilia e incesto che in alcune zone particolarmente a rischio costituirebbero “la normalità”, secondo quanto riportato dal Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Campania, Cesare Romano. La polemica è scoppiata negli ultimi giorni dopo la presentazione del dossier sulle violenze sessuali ai danni di minori e sui casi di incesto di cui vi abbiamo parlato settimana scorsa, un dossier importante che allarga la portata del fenomeno ben oltre la zona ormai tristemente nota di Caivano (Napoli), al centro delle cronache dopo la tragica vicenda della piccola Fortuna Loffredo.
Il Garante dei minori, Cesare Romano ha denunciato infatti “la mancata collaborazione nella raccolta dei dati” che si è svolta “attraverso la distribuzione di questionari anonimi da parte di molti enti comunali, scuole e della Curia arcivescovile di Napoli”. Da parte sua il cardinale Crescenzio Sepe della Curia Arcivescovile, tramite il suo portavoce Enzo Piscopo, ha precisato al quotidiano Avvenire che: “Essendo dati sensibili i parroci non possono comunque divulgarli”. Il cardinale ha cercato quindi di addossare la responsabilità al Garante sottolineando che, dopo una prima richiesta di collaborazione, non era più arrivata alcuna comunicazione da parte di Romano. Ma il Garante non ci sta: “Sono tutte bugie” e aggiunge: “Sono indignato per il fatto che la Chiesa Cattolica menta spudoratamente e denuncerò tutto a Papa Francesco”.
“Dopo l’iniziale garanzia di collaborazione all’indagine sul territorio campano, la Curia napoletana non ha mostrato alcun interesse”, dice il Garante. I questionari forniti perché fossero distribuiti alle parrocchie, infatti, sarebbero stati riconsegnati tutti in bianco. Accuse molto gravi quelle mosse contro le gerarchie ecclesiastiche campane: “Avevo chiesto alla Curia che distribuisse i questionari assolutamente anonimi a tutte le parrocchie – ha detto il Garante – ma io non ne ho ricevuto neppure uno compilato, dopo che mi era invece stata assicurata la piena collaborazione”.
Dopo la replica ad Avvenire, la Curia ha intensificato il suo tentativo di difesa divulgando una lettera scritta il 12 luglio 2013 dal cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, lettera che venne inviata al Garante Romano, dopo che quest’ultimo aveva manifestato, tramite una missiva diretta allo stesso arcivescovo, l’intenzione di condurre l’indagine su violenza sessuale e incesto. “A tale riguardo mi viene chiesta la collaborazione della Curia – scriveva Sepe nel 2013 – che, senza venire codificata in atti formali, può trovare manifestazione ed espressione nel Patrocinio Morale del’Arcidiocesi, che ben volentieri concedo alla iniziativa, per l’alta valenza morale e sociale”. E aggiungeva il cardinale: “Pur non conoscendo il dato della delicata patologia, posso senz’altro dire che non sfugge alla Chiesa di Napoli l’importanza del progetto che intende sviluppare“. Per l’iniziativa, infine, Sepe aveva mostrato “compiacimento” accompagnato dall’augurio “di risultati utili e con la speranza che il triste fenomeno non sia tanto incidente e radicato come si può temere”. Ora il portavoce del cardinale fa sapere che: “A questa lettera, in questi tre anni, non ha fatto seguito alcuna ulteriore comunicazione, a riguardo, da parte del Garante o del suo ufficio”. Insomma, secondo la Curia, la responsabilità sarebbe del Garante, che non avrebbe fornito ulteriori indicazioni.
Ma Romano non ci sta: “Sono davvero indignato, è una cosa vergognosa” e prosegue: “I questionari erano anonimi e se avessero comportato un problema per la privacy, perché il cardinale non me lo ha fatto presente in quella lettera, dove invece elogiava l’iniziativa?”. Il Garante respinge quindi in toto le accuse della Curia e promette di fornire le prove di come sono andate effettivamente le cose: “Ebbene, cercherò le mail che gli ho inviato per sollecitare la riconsegna di quei questionari, perché non avrei avuto alcun interesse a non farmi più risentire e questo deve essere chiaro”. Ma la polemica si spinge oltre. Si parla di ulteriori mancanze e altrettanto gravi da parte della Curia: “D’altro canto – racconta il Garante – nonostante li avessimo invitati più volte a partecipare con un rappresentate alle nostre consulte, mai nessuno si è presentato. Ora addirittura ci accusano di non aver fatto sapere più nulla: questo significa dare la colpa agli altri e non assumersi le proprie responsabilità“.
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Il Garante ha semplicemente messo in luce la melassa mafiosa-criminale-pedofila-camorristica di quel simpatico ambientino che è quell'organizzazione lucrativa Vaticano S.p.A.