Avevamo raccolto l’appello che il gruppo EveryOne aveva lanciato per salvare la vita a Makwan, il giovane gay iraniano condannato a morte per avere avuto rapporti omosessuali all’età di 13 anni.
All’alba di ieri, nonostante la mobilitazione internazionale e il tam tam mediatico, la condanna è stata eseguita, ma la notizia si è appresa solo oggi.
"Siamo sconvolti", ha affermato Clarissa Bencomo, ricercatrice per il diritti dei minori per il Medio Oriente di Human Rights Watch, "L’Iran è il Paese in cui si sono verificate il numero più alto di esecuzioni tra i bambini e gli adolescenti".
"Continuano ad arrivare centinaia di mail al minuto da tutto il mondo di sostegno alla campagna per Makwan, da parte di politici, attivisti e semplici cittadini, mentre la notizia della sua morte lascia incredulo il mondo" si legge in una nota firmata dai leader del gruppo EveryOne, Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. "Deve sollevarsi una ferma protesta a livello internazionale che imputi al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e al suo governo una condanna per crimini contro l’umanita’", hanno continuato, "ma prima ancora deve nascere una potente rete mondiale che sia preparata a denunciare casi simili a questo intraprendendo azioni immediate che possano fermare le esecuzioni. Anche i Paesi democratici devono farsi un esame di coscienza e comprendere che la lotta contro l’omofobia inizia con il riconoscimento paritario delle unioni omosessuali, perche’ senza questo diritto fondamentale i gay e le lesbiche sono condannati all’emarginazione".
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