Dopo Milk e Urlo sarà ancora queer il prossimo progetto di James Franco, prossimo presentatore della notte degli Oscar, il 27 febbraio, insieme ad Anne Hathaway e probabile nominato dopo la candidatura ai Golden Globes come protagonista del ragguardevole 127 Hours di Danny Boyle.
L’attore trentaduenne californiano dirigerà ma sarà anche il protagonista di The Broken Tower (La torre spezzata) sul poeta modernista gay Hart Crane (in foto) ispirato alla biografia scritta da Paul Mariani. Figlio dell’inventore delle caramelle Life Savers, Crane raggiunse la notorietà col poema The Bridge dedicata al ponte di Brooklyn e grazie alla sua ultima ode che dà il titolo al film, un inno crepuscolare sul tema della morte.
Tendente alla depressione, alcolista, Crane fu perseguitato per la sua omosessualità ed ebbe un’unica storia etero con Peggy Crawley. Nato nel 1899 a Garrettsville, un piccolo centro dell’Ohio, si trasferì diciassettenne a New York dove studiò poesia moderna, in particolare T.S. Eliot ed Ezra Pound. Morì suicida a soli trentadue anni gettandosi in mare da una nave – stava tornando da un viaggio in Messico – dopo essere stato malmenato per aver fatto delle avances a un membro dell’equipaggio.
La sua opera fu particolarmente apprezzata da Allen Ginsberg, Edmund Wilson e Tennessee Williams che dichiarò di aver trovato in Crane diverse fonti d’ispirazione. La sua prima raccolta, White Buildings (Edifici bianchi), fu pubblicata in Italia nel 1926, attirando l’attenzione della critica. Ad affiancare James Franco in The Broken Tower ci sarà Michael Shannon (Revolutionary Road). Le riprese inizieranno tra breve a New York, dove è prevista una prima sessione di shooting della durata di due settimane.
«Ci sono molte altre ragioni per essere interessati a personaggi gay oltre che desiderare di far sesso con i ragazzi» ha dichiarato Franco a Entertainment Weekly che gli ha dato la cover dell’ultimo numero. «E ci sono molti altri aspetti di questi personaggi a cui sono interessato, oltre alla loro sessualità. Così, in alcuni casi è accidentale, in altri no. Intendo dire, cioè, che ho interpretato un uomo gay che ha vissuto negli anni ’60 e ’70, uno nei ’50 e un altro ancora nei ’20. E questi erano periodi in cui essere omosessuali, almeno esserlo in pubblico, era molto più difficile. Ciò che mi interessa è come queste persone vivevano i loro stili di vita anticonvenzionali rispetto alla cosiddetta ‘norma’. Oppure, chissà, forse io sono semplicemente gay».
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