Può sembrare strano associare il grunge allo stereotipo patinato di certa cultura musicale LGBT. Da una parte abbiamo trasandatezza esibita, chitarre distorte e pogo in club puzzolenti, dall’altro super popstar scintillanti, discoteche, corpi perfetti e coreografie sincopate. Stereotipi appunto.
Quando il grunge è esploso sulla scena musicale chi è stato ragazzo negli anni’90 – millennial, si direbbe oggi- ricorda come fece sembrare tutto il resto – rock compreso- insopportabilmente mainstream.
Perchè nel grunge, c’era una selvaggia derisione dello status quo, e questo passava anche dal rifiuto di una cultura patriarcale, eteronormativa e discriminatoria. Che si traduceva in accordi dissonanti, chitarre dal suono sporco e analogico, rifiuto delle armonie precostituite e delle ribellioni patinate su cui si basavano le hit di quegli anni. In un filo rosso che che si ricongiunge al punk anni ’70 e ’80.
Proprio l’artista simbolo del grunge, il compianto Kurt Cobain, di cui ricorre in questi giorni la morte, avvenuta il 5 aprile del 1994 a soli 27 anni, rappresenta perfettamente l’anima queer del grunge.
Come raccontò in una intervista, il giovane Kurt ipotizzò di essere gay perché aveva soprattutto amicizie femminili e rifuggiva dai classici schemi dell’amicizia maschile incentrata su sport, competizione e successo.
“Ho pensato che forse era la soluzione ai miei problemi. Anche se non ho mai sperimentato [un rapporto gay] ho avuto un amico gay e mia madre mi ha impedito di continuare a vederlo perché… beh, è omofobica. E’ stato davvero devastante perché finalmente avevo trovato un amico che potevo abbracciare e a cui ero davvero affezionato. Parlavamo di un sacco di cose… Non ho più potuto vederlo.”
A 19 anni fu arrestato per aver scritto su un muro “Dio è Gay”.
Parlando con The Advocate della sua adolescenza dichiarò“Tutte le ragazze avevano tagli di capelli orrendi e non ne trovavo attraente nessuna. Così ho pensato di provare ad essere gay per un po’ ma sono più sessualmente attratto dalle donne. Però sono felice di aver trovato alcuni amici gay, mi hanno salvato dal diventare un monaco o qualcosa del genere”.
Negli anni dell’esplosione come rockstar parlando di colleghi come Aerosmith e Pink Floyd disse:”Anche se mi piacciono molte delle loro melodie, mi ci sono voluti anni per rendermi conto che molto aveva a che fare con il sessismo, come cantavano tutto il tempo del loro c***o e di fare sesso”
E ancora “Mi sento molto solidale con le donne per le discriminazioni che hanno subito per tutta la storia“.
Fu molto amico di Rupaul, che disse “Questi ragazzi (i Nirvana) vengono dallo stesso mondo bohemienne e alternativo da cui arrivo io. Siamo parte dello stesso movimento“.
Ecco perchè Kurt più volte indossò abiti femminili in scena e fuori, con l’obiettivo di provocare e di far riflettere su quanto lo stigma per chi non si riconosceva nella binarietà di genere e nel patriarcato dovesse essere combattuto con ogni mezzo.
Molti dei teorici queer dei decenni successivi, che oggi ispirano le nostre battaglie, hanno probabilmente pogato con la musica dei Nirvana, immersi in quel meraviglioso miscuglio di violenza simulata e dolcezza di tutte le anime vulnerabili. Come quella, eterna, di Kurt.
(foto Cover: Rupaul tiene in braccio Frances Bean, figlia di Kurt Cobain e Courtney Love, ai VMA del 1993)
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