Same sex love in India è stato una vera rivelazione per tutti i lettori. L’intento della scrittrice era infatti quello di sfatare i miti e gli stereotipi sulla sessualità in India, che vedrebbero i rapporti omosessuali come una moda importata dall’occidente, un’imposizione dell’ovest decadente post coloniale, e quelli etero oscillanti tra matrimoni organizzati e celibato ascetico.
Ruth Vanita (nella foto) e Saleem Kidwai, autori del libro, al contrario, mostrano come le relazioni omosessuali fossero celebrate nella poesia e nella prosa, nella mitologia, nella letteratura e nei trattati medici da tempi antichissimi.
Ruth, un tempo docente all’università di Dheli, insegna ora all’università del Montana, mentre Kidwai è uno storico medievale. Il libro esplora tra i vari argomenti il concetto di ‘swayamvara sakhi’, una parola trovata nel Kathasaritsagara dell’undicesimo secolo che si riferisce all’amore profondo tra donne e si riferisce inoltre ad una relazione non imposta ma scelta liberamente. Questo è uno dei concetti su cui si basa il matrimonio di Ruth con la sua compagna Mona Bachman. Un’unione le cui sacre radici affondano nelle antiche tradizioni indù, spesso taciute, che approvano e perfino santificano le relazioni omosessuali e le unioni tra uomini e tra donne.
Il libro tratta di storie di saggi ‘nati da due uteri’ o di dee o dei che danno vita senza la collaborazione da parte di partner dell’altro sesso, e dà l’opportunità di scoprire l’originalità di testi omoerotici antichi, medievali e moderni indiani, o testi indù, buddisti, islamici e cristiani che sono stati soppressi, censurati, corretti o minimizzati nel corso della storia.
In pochi forse sanno che il dio Harihara era figlio di due dei maggiori dei del pantheon indù, Vishnu e Shiva (nell’immagine), o che uno dei figli di Shiva (Skandha, letteralmente ‘getto di sperma’) nacque dopo un complicato processo che coinvolse il dio del fuoco Agni che aveva ingoiato il mitico seme di Shiva, che era letteralmente troppo bollente per lui.
Chiunque abbia letto la Bhagavad-Gita (che influenzò profondamente Max Muller e Thoreau) sarà abituato alla versione che propugna l’amicizia tra Krishna e Arjuna. Forse in molti sarebbero scioccati nello scoprire Arjuna eccitato dalla bella vita di Krishna, dal suo pene visibile attraverso l’armatura, dalle labbra ‘rosse come un frutto’, le ginocchia forti come un tronco d’albero’, e nello scoprire che come ‘Arjuni’ fece del sesso completo con Krishna.
Same sex love in India è un colpo diretto, una sfida alla riscrittura della storia, sia essa indù, musulmana o cristiana. Malgrado Ruth non abbia trovato problemi in India nel raccogliere i dati per il libro, parla di una congiunzione di forze politiche per un attacco pubblico contro il controverso film lesbico "Fire".
Ruth riflette su come sia strano che in paesi ‘post-colonialisti’ come l’India o lo Zimbabwe di Robert Mugabe si invochino le leggi sulla sodomia imposte dal colonialismo britannico mentre le stesse sono state abrogate perfino un Gran Bretagna. Assolutamente contraddittorio.
La scrittrice fu anche co-fondatrice del giornale femminista Manushi, nel 1978, un atto decisamente precursore dei tempi. Sebbene non parlasse proprio apertamente di omosessualità, trattava argomenti cari alle donne indiane, quali l’omicidio rituale delle vedove, il maltrattamento e la violenza all’interno della coppia, il tutto insieme a moltissime altre ragazze lesbiche come lei. Ruth ricorda come fossero numerosissimi i ragazzi gay all’università di Delhi, ma a causa di una assoluta mancanza di supporto o centri di riunione liberi non potevano uscire allo scoperto.
Same sex love in India segue il libro della stessa autrice ‘Sappho and the Virgin Mary’, in cui spiega l’utilizzo dell’immagine della Vergine o delle sante per un recupero dell’antica immagine della Dea della tradizione matriarcale. Nel libro altresì paragona Maria a Saffo: entrambe erano sempre circondate da giovani "protette" per le quali erano guardiane, istruttrici e insegnanti. Ruth auspica una presa di coscienza da parte dei gay e delle lesbiche indiani, pur sapendo che il modello di coming out occidentale mal si addice al mondo indiano. È convinta però che la persona omosessuale debba dire un ‘no’ convinto e deciso allo standard del matrimonio eterosessuale, proponendo l’alternativa omosessuale con forza e orgoglio.
di Lily Ayo
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