Una storia drammatica, a tinte omofobe, quella raccontata a FanPage dalla 22enne Malika Chalhy, nata in provincia di Firenze e 3 mesi fa cacciata di casa. Perchè lesbica. A inizio 2021 il coming out in famiglia, tramite una lettera in cui ha rivelato di essersi innamorata di una donna, e da quel momento l’incubo omofobo si è abbattuto sulla giovane.
Temevo che non l’avrebbero presa bene, ma non avrei mai pensato che arrivassero a dirmi certe cose e a minacciarmi di morte.
La madre della ragazza le ha inviato messaggi agghiaccianti, audio pubblicati da FanPage, a dir poco spaventosi: “Sei uno schifo, lesbica, se ti vedo t’ammazzo. Non mi portare a casa quella p*****a perché le taglio la gola, sei la rovina della nostra famiglia”. “Ti auguro un tumore, sei la rovina della famiglia, meglio una figlia drogata che lesbica“.
Malika ha dovuto chiedere aiuto ai carabinieri per poter tornare a casa sua, in modo da poter prendere dei vestiti. I genitori avevano già cambiato la serratura, dopo 3 giorni. “Arrivata davanti a casa con i Carabinieri ho chiesto gentilmente a mia madre di farmi entrare solo per riavere i miei vestiti e le mie cose, ma lei, rivolgendosi ai due agenti, ha detto di non sapere chi fossi”. Abbandonata dai genitori e anche da suo fratello, che le ha dato della “m***a, infame, ti taglio la gola, sei malata“.
So di non avere fatto niente di male, non mi vergogno per ciò che sono. Non c’è niente di male ad amare qualcuno, a prescindere dal sesso o da qualsiasi altro fattore. Nell’amore non ci sarà mai nulla di male. Non sono io a non essere normale, ‘non normale’ è picchiare un figlio, è impedirgli di esprimere se stesso liberamente, è maltrattare qualcuno sulla base della sua preferenza sessuale. Io non sento di avere sbagliato qualcosa, però sono a pezzi. Ho 22 anni, e una carezza da mia madre ancora la volevo. Anni fa mi iscrissi di nascosto a calcetto. Non lo dissi perché sapevo che i miei si sarebbero arrabbiati in quanto secondo loro non è uno sport da ragazze. Quando trovarono nella macchina i miei indumenti da calcetto, scoppiò il finimondo e mi misero le mani addosso. Da allora non ho più potuto giocare a calcetto, uno sport che amavo tanto, in cui avevo trovato degli amici e in cui ero brava. Ho paura che i miei genitori possano farmi del male. Sono sicura che lo farebbero se tornassi a casa, per questo ho sporto denuncia ai Carabinieri, anche se per ora non è che sia cambiato molto… a dirla tutta, non è cambiato niente.
Contattati da FanPage, i genitori di Malika, se così si possono definire codeste persone, si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni.
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Certa gentaglia dovrebbe nascere sterile, il termine genitore è un regalo che madre natura spesso sbaglia su certi mostri senz'anima e cervello.