Sunette Vijoen ha vinto l’argento nel lancio del giavellotto alle olimpiadi di Rio 2016 appena terminate, ma non è per niente un bel momento per quest’atleta del Sud Africa che proprio in queste ore ha lanciato un appello alla stampa a causa delle minacce di violenza ricevute in quanto lesbica.
Sunette Vijoen ha lanciato il suo giavellotto a 64, 92 metri e dopo la salita sul secondo gradino del podio olimpico, Sunette ha raccontato alla stampa del suo travagliato passato e in particolare del rifiuto della famiglia che non ha accettato il fatto che lei fosse lesbica. Un rifiuto che purtroppo non si è fermato alle parole ma s’è fatto violenza fisica: il fratello pare l’abbia colpita ripetutamente al volto in più occasioni, dopo che il padre ha fatto altrettanto.
“Parlo per ogni persona la fuori che è distrutta emotivamente o fisicamente a causa delle persone che ama”, ha detto l’atleta nella sua toccante testimonianza raccolta dai giornalisti a Rio. Sunette ha anche ringraziato pubblicamente la sua fidanzata LiMari Louw, una presentatrice televisiva, per averla sostenuta durante i giochi: “LiMari mi conosce perfettamente e sa esattamente cosa dire e quando dirla”.
Ora che le luci di Rio si sono spente definitivamente e l’attenzione dei media inizia com’è naturale a rivolgersi ad altro, molti atleti gay e lesbiche si trovano a vivere un dramma: devono tornare nei loro paesi nativi, dove la loro omosessualità a volte non è accettata socialmente o dove, addirittura, è condannata dalla legge (in gran parte dei paesi africani, ad esempio, è così). In Sud Africa, il Paese nativo di Sunette Vijoen, in particolare sono purtroppo ancora assai diffusi gli stupri di gruppo nei confronti di donne lesbiche o percepite tali, spesso con l’indifferenza o l’assenso della famiglia. Un retaggio arcaico e brutale intollerabile, ma che non trova ancora l’adeguata rappresentazione mediatica col relativo effetto politico che ne potrebbe derivare, anche a livello internazionale.
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