PISA – Diciamolo. Se si toglie il tema gay, la fiction Mio figlio andata in onda domenica e lunedì su Raiuno perde qualsiasi interesse. Sembrano ignorarlo tutti coloro che oggi si spellano le mani, lodando la presunta “qualità” del programma e associandola al grande successo di ascolti. Lando Buzzanca e il suo bel figlio omosessuale hanno incollato il 30 percento dei telespettatori su Raiuno, lunedì. Ma questo non significa che la miniserie sia da Oscar.
Nulla da dire su come viene trattato il tema dell’orientamento sessuale. Certo, alcuni utenti di Gay.it sul forum Televisione, sono riusciti a criticare anche questo aspetto; ma in fin dei conti sarebbe impossibile accontentare tutti, e non si può negare che Luciano Odorisio, autore del telefilm, sia stato sensibile e accorto nel ritrarre l’identità omosessuale del figlio del protagonista e il difficile rapporto col padre. Buona l’interpretazione di Lando Buzzanca che così può essere «contento di aver stracciato quel clichè del ‘merlo maschio’ con il quale avevo paura d’invecchiare». Ottima prova d’attore anche per Giovanni Scifoni nei panni del figlio Stefano.
Ma vogliamo parlare della trama poliziesca inconsistente che fa acqua da tutte le parti? O del finale strappalacrime a tutti i costi con tanto di “martirio” del giovane gay? Meglio di no. Meglio ricordare il dialogo efficace con cui finalmente Stefano parla della sua omosessualità con il Commissario suo padre. Un dialogo che giustifica la reazione entusiasta di Franco Grillini, in genere attento a condannare i facili stereotipi con cui la TV si occupa dei gay. «La fiction ‘Mio figlio’ è stata un esempio di come si dovrebbe e si può trattare la questione gay in televisione e nel cinema» ha detto il deputato Ds e presidente onorario dell’Arcigay. E ha aggiunto: «A Buzzanca, agli attori al regista e alla Rai vanno i nostri complimenti per un’opera cinematografica di valore e nello stesso tempo utile per far capire che occorre lottare contro i pregiudizi che sono ancora molto radicati nella nostra società. La Rai, in questo senso, ha reso al pubblico un servizio eccellente, che avrà estrema importanza nel percorso sociale di accettazione della diversità».
Meno giustificato l’entusiasmo dell’Usigrai, sindacato dei dipendenti dell’emittente pubblica. Il suo segretario Roberto Natale loda oggi il «tema assai delicato» della serie sottolineando «quello che può fare una tv generalista di servizio pubblico quando si ricorda dei suoi doveri: mettendo insieme ascolti e qualità, dà il suo contributo alla crescita della sensibilità sociale».
Noi, dal canto nostro, troveremmo inutile far diventare Mio figlio una serie più lunga ad episodi, come oggi annuncia lo stesso Buzzanca. L’attore dice che, dopo il successo incassato dalla miniserie, ha incontrato il direttore di Rai Fiction, Agostino Saccà, che gli ha confermato l’intenzione di procedere alla trasformazione. «Il commissario Vivaldi – ha detto Buzzanca all’Adnkronos – dovrebbe diventare una serie caratterizzata dall’umanità paterna di questo personaggio che si metterà alla ricerca di altri ‘figli’, per esempio cercando di sgominare traffici di bambini e di organi. Chiaramente il racconto non sarà più incentrato sul rapporto con il figlio gay anche perchè potrebbe apparire come una strumentalizzazione insistere solo su quello». Insomma via tutto il meglio, concentriamoci sul peggio.
Meglio allora lasciarci con il Buzzanca che in una intervista apparsa oggi su il “Corriere della Sera” critica il ministro per gli italiani all’estero Mirko Tremaglia affermando di trovare «la sua battuta sui ‘culattoni’ una scivolata di stile, ma lo giustifico perchè ha espresso un modo di pensare maschilista che esiste non solo a destra ma anche a sinistra».
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