ROMA – Vi è mai capitato di andare in un luogo pubblico, diciamo una palestra, e vedere un ragazzo e una ragazza che si scambiano un tenero bacetto a fior di labbra? Situazione banale che non suscita reazioni: chi è impegnato nel riscaldamento continua a correre, chi sta facendo gli esercizi continua a farlo, e nessuno si sognerebbe mai, giustamente, di lagnarsi.
Nell’Italia del 2003 invece lo stesso gesto diventa motivo di allontanamento dalla palestra stessa se a farlo sono due ragazzi.
Protagonista in prima persona del poco edificante accadimento è Ruggero Freddi, 27 enne studente di ingegneria, nonché body builder, che ci racconta con le proprie parole quanto è successo: «Stavo in palestra col mio ragazzo (sono apertamente dichiarato) e ci stavamo allenando. Ad un certo punto ci siamo dati un bacetto a fior di labbra e uno degli istruttori è venuto da me invitandomi a non farlo più altrimenti mi avrebbe dovuto allontanare dalla palestra. Gli ho risposto che non potevo non vivere la mia vita solo perché loro avevano dei problemi al riguardo. Dopo un po’ è risuccesso e a quel punto è intervenuto il proprietario che, in una maniera molto rude, mi ha detto di uscire, dicendomi che non si poteva permettere di perdere clienti come vecchie signore o bambini, per quanto nella palestra in questione non ce ne sono, mentre invece è una palestra molto frequentata da gay. Oltretutto a quanto mi risulta la palestra è anche segnalata sulla Guida Spartacus per cui uno straniero che venisse in Italia, come il mio ragazzo, rischia di dover fronteggiare simili situazioni.
Ho fatto a quel punto notare che molte coppie etero lo fanno e la sua risposta è stata che in quel caso è diverso, per i ragazzi etero non è un problema. Gli ho detto allora di mettere un cartello con scritto che nessuno si può baciare in quanto una regola o vale per tutti o non vale per nessuno. Ha rifiutato, dicendo ancora che non voleva perdere clienti e invitandomi quando in palestra a comportarmi un un’altra maniera. Richiesta per quanto mi riguarda inaccettabile: finisce che un’ora te la chiede la palestra, otto ore te le chiedono all’università, cinque ore te le chiedono in famiglia… insomma io voglio vivere la mia vita. Quindi il diktat: o accetti le regole o lasci la palestra. A quel punto, nonostante mi allenassi lì da due anni senza problemi ho deciso di andarmene.” La struttura in questione è la Mister Gym, in una delle traverse di Via Appia, e ha fatto benissimo Ruggero a cercarsene un’altra, non accettando di essere costretto a seguire una “regola” inesistente (quella del non baciarsi in palestra) che oltretutto dovrebbe valere solo per certi clienti e non per altri. Viene da chiedersi cosa faranno a questo punto gli altri atleti gay, anche “velati”, che frequentano tale palestra.
Sembrano invece non avere problemi legati a pregiudizi omofobi i nuotatori membri del Gruppo Pesce Roma, che è costituito ormai da tre anni ed è impegnato a divulgare l’attività natatoria, tra la comunità GLBT e non solo dal momento che l’attività del gruppo è aperta assolutamente a tutti. «Abbiamo da poco organizzato il primo Trofeo Interpesce – mi dice uno dei consiglieri del gruppo – perché la nostra è una specie di federazione, nel senso che ci sono altri tre gruppi analoghi, a Milano, a Bologna e a Parma/Modena/Reggio. E’ stata una specie di prova generale per un meeting internazionale che vorremmo fare nel futuro, così come avviene in molte altre capitali europee».
Sembra che, almeno sinora, i Pesci della capitale non abbiano avuto esperienze negative come quella sopra descritta. «Forse anche perché ci presentiamo come gruppo, non come persona singola. Siamo un gruppo gay ed il nostro scopo è ovviamente anche quello di avere una certa visibilità per cui partecipiamo a molte manifestazioni, abbiamo avuto uno stand al Pride Village e non ci siamo mai nascosti. Abbiamo buoni rapporti anche con i Master della nostra piscina, abbiamo solidarizzato anche con loro.
Siamo iscritti alla UISP ma non ancora all’Associazione Italiana Nuoto, quindi al momento le gare agonistiche vengono fatte ancora sotto altre insegne. La piscina nella quale ci alleniamo comunque non ci ha fatto nessun tipo di problema, perlomeno non in modo evidente». Ulteriori informazioni per chi fosse interessato all’attività del gruppo al sito internet https://www.gruppopesce.org/roma/. E’ importante il ruolo legato alla visibilità di questo tipo di associazioni, nel loro voler rendere visibile, quindi comune, quindi “normale”, una realtà ancora troppo vittima di discriminazioni legate alla paura del diverso e all’ignoranza. Nella speranza che storie come quella capitata a Ruggero, che non fanno onore all’Italia, finiscano pian piano con lo scomparire.
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