Negli ultimi mesi molte amministrazioni di città polacche hanno firmato un documento che rifiuta categoricamente la comunità LGBT. Niente diritti, niente unioni o matrimoni, niente famiglie, niente pride. Gli attivisti che in Polonia tentano di protestare, rischiano di essere arrestati senza una giusta causa, e trattenuti per ore dalla Polizia. E’ quello successo a Bart Staszewski, che è stato arrestato per essersi rifiutato di consegnare a degli agenti di Polizia la bandiera arcobaleno che stava sventolando.
Sono appunto villaggi, comuni e addirittura regioni ad approvare il documento discriminatorio. E se le amministrazioni rifiutano i diritti LGBT, accolgono invece una pubblica e aperta discriminazione. A fomentare quest’odio è uno dei principali partiti, Prawo i Sprawiedlywosc (Legge e Giustizia). Sono i membri di questo gruppo politico, di maggioranza, a indicare le persone omosessuali come un pericolo per la famiglia tradizionale, e un rischio per i valori della Polonia. Un’opinione già conosciuta e pubblicamente rivendicata, ma mai prima d’ora si è parlato di zone “libere da omosessuali”.
Omosessuali al posto dei migranti
Come riferisce Repubblica, sono molti gli osservatori internazionali che sostengono che la Polonia sta intenzionalmente dirigendo l’odio verso la comunità LGBT, e non più verso i migranti. O meglio, a spostare il mirino è il partito Prawo i Sprawiedlywosc, una strategia politica in vista delle elezioni in autunno. Che però forse non sta dando l’effetto sperato. Difatti, il 56% dei polacchi non approva questa “caccia” agli omosessuali. Nonostante questo, le discriminazioni e soprattuto i pestaggi avvengono spesso.
Per protestare verso questo documento discriminatorio, migliaia di persone sono scese in piazza. Tra questi, anche il sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, che a giugno ha partecipato al pride della città, prendendo la parola per confermare il suo sostegno alla comunità. Il documento è stato denunciato dalla ong “Campagna contro l’omofobia” (Kph), secondo la quale viola gli articoli riguardanti la lotta alle discriminazioni della Costituzione della Polonia. Ma anche chi dovrebbe applicare la legge, ovvero i giudici, non sembrano dimostrare una grande apertura, inserendo nella discussione il diritto alla libertà d’opinione.
Infine, anche la Chiesa non è da meno. Sono molti i sacerdoti che parlano delle persone omosessuali come dei “pedofili, zoofili, necrofili, che vogliono trasformare esseri umani in erotomani sterili“. Oppure chiamandoli “un’invasione di civiltà che minaccia la Polonia, che arrivano con bandiere arcobaleno per strapparci i nostri valori“.
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