15 anni fa premio Oscar come miglior attrice non protagonista, la 50enne Renée Zellweger, indimenticata Bridget Jones, ha ceduto al ruolo di una vita nei panni dell’iconica Judy Garland, dal 19 dicembre nelle sale d’Italia.
Per l’occasione la Zellweger ha fatto sua la copertina dell’ultimo numero di Attitude, rivista LGBT britannica, sposando la causa dei diritti gay. Praticamente da sempre, da quando era poco più che un’adolescente.
Quando parlo dei migliori amici dei miei genitori, Mark e Jerry … non sottolineo il fatto che siano gay. Per me sono solo Mark e Jerry. Non ricordo un momento della mia vita in cui non ho avuto amici LGBT. Mi piacciono le persone originali, che sono autenticamente se stesse.
Renée si è eclissata da Hollywood per sei anni, prima di tornare in sala con Bridget Jones’s Baby, e ora ha ottenuto un’autentica standing ovation al Toronto Film Festival, grazie proprio a Judy, film che potrebbe nuovamente portarla agli Oscar. Nel proprio passato la Zellweger ha visto con i propri occhi i danni causati dall’omofobia, vissuta sulla propria pelle da una sua amica transgender, in terza media.
Cambiò il suo nome e tutto il resto, e immagino che alla fine degli anni Ottanta fosse abbastanza coraggioso. Ho visto amici cacciati dalle loro case, perdere membri della famiglia dopo un coming out, essere privati del diritto di voto per quello che sono o perché conoscono persone che pensano in qualche modo che sia una bestemmia agli occhi della loro religione, o che possa essere una scelta o una malattia da guarire… Ammiro il coraggio delle persone LGBTQ. Per ovviare a tutto questo e scegliere di vivere autenticamente la tua vita, nonostante le difficoltà che dovrai affrontare, persino oggi quando ci sono un milione e mezzo di persone in Pride, devi avere un carattere straordinario.
Judy racconta l’ultimo periodo della vita della grande attrice e cantante Judy Garland, sul finire di una carriera sfolgorante iniziata giovanissima con la Dorothy del Mago di Oz. Un mix di fama e successo, fra Oscar® e Golden Globe, e poi la battaglia con il suo management, i rapporti con i musicisti, i fan, i suoi amori tormentati e il dramma familiare che la spinse a fare i bagagli e a trasferirsi a Londra. In quegli anni ci ha regalato alcune delle performance più iconiche della sua carriera.
Diretto dal regista britannico Rupert Goold (True Story), Judy è basato sul dramma teatrale “End of the Rainbow” di Peter Quilter, che racconta delle ultime apparizioni pubbliche della Garland: nel dicembre del 1968, la diva accettò di tenere a Londra una serie di concerti tutto esaurito al celebre night club “Talk of the Town”, per una durata di cinque settimane. Il film arriva al cinema nell’anno del 50° anniversario della morte della Garland (scomparsa prematuramente nel 1969, a soli 47 anni), ma anche nell’anno dell’80° anniversario dell’uscita de Il Mago di Oz.
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