Angelo Giovanni Becciu, cardinale nonché prefetto delle Cause dei Santi e numero due della Segreteria di Stato con Papa Ratzinger prima e Papa Francesco poi, ha rilasciato un’intervista nel libro “<strong>I nuovi cardinali di Francesco” (edizioni San Paolo), firmato Fabio Marchese Ragona, vaticanista Mediaset.
In questa lunga chiacchierata Becciu è tornato sull’annunciato ‘stop’ ai seminaristi gay, come riportato dal quotidiano Faro di Roma, motivando il perché di questo divieto.
Chi ha tendenze omosessuali è bene che non rimanga in seminario e che non diventi prete. Chi si avvia al sacerdozio è chiamato a fare voto di castità. Come sappiamo bene, la giornata del prete si svolge prevalentemente a contatto con altri uomini, soprattutto per chi vive in comunità religiose, e per salvare la sua castità gli si raccomandano regole di prudenza nel rapporto con le donne. Ora un omosessuale che condividesse consistentemente, nello spazio e nel tempo, la sua vita con altri di pari sesso sarebbe capace di vivere facilmente la castità promessa? Non sarebbe pretendere troppo da lui?
Peccato che tutto cambi dinanzi a chi è già sacerdote, o vescovo/cardinale, e al tempo stesso omosessuale.
Si dovrà esigere che osservi le promesse sacerdotali e se non ne fosse capace, o addirittura offrisse scandalo, sarà doveroso che per il bene della Chiesa si ritiri a vita privata, così come con la stessa severità lo si esige a un consacrato eterosessuale.
Il dubbio di fondo, dinanzi a queste dichiarazioni, rimane ovviamente sempre lo stesso. Come si dovrebbero ‘riconoscere’, questi seminaristi gay. Per caso si illuminano al buio?
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La chiesa cattolica continua ostinatamente a praticare l'ipocrisia come ha sempre fatto da secoli. Il cardinale in questione sa benissimo che i seminari sono pieni di gay e che il clero è in stragrande maggioranza gay ma ufficialmente bisogna proclamare che l'omosessualità nella chiesa non esiste e qualora in un seminario se ne dovesse trovare traccia va subito eliminata. Disgustoso.