Il suo nick su Instagram è “Sethuisinhell” e quell’inferno Sethu sembra averlo toccato con mano più volte. Anche nei mesi scorsi, dopo l’esperienza sanremese del 2023 che lo ha visto debuttare all’Ariston con il brano Cause perse piazzatosi all’ultimo posto.
Vecchi e nuovi demoni hanno bussato alla porta del cantautore, all’anagrafe Marco De Lauri, che ha deciso di tornare in terapia per farsi aiutare. Da quel gesto d’amore verso se stesso è nato il suo primo album, Tutti i colori del buio, fuori il 17 maggio per Carosello Records e che verrà presentato per la prima volta dal vivo il 24 maggio ai MI AMI Festival di Milano.
Accanto a Sethu il gemello Jiz, musicista e produttore sceso anche lui metaforicamente agli inferi e poi risalito con il fratello se non proprio “a riveder le stelle” almeno a respirare. Il risultato di questo viaggio sono 11 tracce che raccontano in chiave pop-punk – e senza rinunciare anche a un po’ di ironia – ansie, paure e rabbia che appartengono a tanti ragazzi come loro.
A Gay.it Sethu ha presentato Tutti i colori del buio, opera che vuole curare le sue ferite ma anche tendere la mano a quanti si trovano nello stesso vicolo cieco.
Ci sono sfumature anche nel buio?
È proprio questo il significato. Siamo abituati a vedere il buio e il nero come cose molto monolitiche, senza sfumature, invece sono fatti di più momenti. In un periodo buio non c’è mai solo la tristezza, ma tante emozioni, ed è quello che voglio descrivere io in base a quello che ho vissuto negli ultimi mesi.
In copertina ci sei tu in versione vampiro: perché ti vedi così?
È una citazione del film “The Lost Boys” (di Joel Schumacher, ndr) ma è anche un viaggio che ci siamo fatti io e mio fratello, da grandi fan del mondo horror anni ’70 e ’80. È un modo per indicare una trasformazione che subiamo quando viviamo stati mentali di cui parlo nell’album come ansia e depressione: il vampiro è metafora di diventare qualcosa di mostruoso, di diverso da te.
Come senti di essere uscito da questa trasformazione?
Penso di essere ancora nel mio viaggio, sono nel periodo in cui mi sto curando e facendo passi avanti. Non so a che punto sono, però forse sto vedendo l’alba.
Il disco si apre parlando di una fine. Mi spieghi questo ossimoro?
Io e i miei coetanei siamo nati con l’idea che il mondo debba finire, che stia andando tutto a rotoli. Volevo da una parte ironizzare su questa cosa e dall’altra esprimere rabbia perché io stesso sto facendo musica in un mondo che tra qualche anno non so neanche se esisterà e in che condizioni sarà. Penso al cambiamento climatico, ad esempio.
Canti: “Ho già perso la metà dei sogni alla mia età”. È una frase sconfortante, ti senti davvero così?
Quando fai sogni c’è un momento in cui inevitabilmente devi scontrarti con la realtà. È sconfortante ma è anche un dato di fatto, significa maturare e imparare a vivere con se stessi. Ho perso dei sogni sicuramente ma me ne sono fatti di nuovi.
A pesare sono anche le aspettative degli altri come spieghi in Problemi: quali senti di aver disatteso?
Il mio problema, ma anche il mio modo di difendermi, è che sono già io molto critico con me stesso. Sono il primo a mettersi grandi aspettative addosso, quindi quando lo fanno gli altri per me è una conferma. Ad esempio sono arrivato ultimo a Sanremo come Vasco Rossi e Tananai che poi hanno spaccato, quindi l’aspettativa è che anche io debba fare come loro, ma diventare vittima di questi meccanismi rischia di portarti in percorsi prestabiliti che non sono per forza tuoi. Prendere coscienza di questo per me è importante: ognuno ha il suo viaggio e i suoi tempi, non bisogna farsi uccidere dalle aspettative ma sfruttarle come un momento per essere ancora più propositivi nei confronti di quello che si fa.
Hai citato Sanremo, di cui parli anche in Sottopressione. Hai sofferto per quell’ultimo posto?
No, perché sono arrivato al Festival senza aspettative, volevo solo essere con mio fratello su quel palco. Fino a un mese prima lavoravo, anche solo essere lì è stata la più grande vittoria, però nel brano volevo dire che per me arrivare ultimo non è stato niente di nuovo: mi sento sempre un po’ ultimo perché ho un rapporto conflittuale con me stesso. Nel pezzo infatti dico una cosa pesante ma in modo ironico: “Mi faccio schifo io, non devi dirmelo manco”. In quel momento l’ultimo posto non mi ha toccato più di tanto, poi son sempre cose che ti fanno riflettere e crescere, anzi alla mia musica ha dato un punto di partenza importante quindi sono contento.
Sei riuscito a goderti le cose belle che sono successe dopo?
Bella domanda… Purtroppo a volte sento di non godermi appieno quel che mi succede. È un limite mio, ma è anche dato dalla velocità con cui si vive. Vorrei dirti che sono riuscito a godermi tante cose, ma la verità è che quando sei in certi periodi non riesci troppo ad apprezzare quello che hai.
Sulla carta la vostra generazione sembra avere tutto, eppure il ritratto dei giovani che emerge da Troppo stanchi è molto diverso. Che vi sta succedendo?
Hai detto bene, siamo una generazione nata in una condizione economica più privilegiata e più libera, anche se non da tutti i punti di vista. Allo stesso tempo, però, portiamo il peso di dover fare anche meglio rispetto a quello che è stato fatto prima, e questo mette una pressione sociale importante sui giovani. Molti come me vivono con un timer in testa secondo cui devono realizzarsi entro una certa età se no sei un fallito e darai delle delusioni. Tutto questo si aggiunge a un contesto di incertezza sul futuro e in cui certe cose sembrano andare indietro invece che avanti. Il risultato è che emotivamente tanti si sentono stanchi per l’età che hanno. Io ho iniziato a soffrire di ansia a 10 anni: sono giovane però dal punto di vista emotivo mi sembra di essere troppo stanco per l’età che ho.
Ne I ragazzi perduti parli anche di suicidio: è qualcosa che ha sfiorato la tua mente e su cui ti sei trovato a riflettere?
Mi ci son trovato a riflettere sia come condizione mia che di persone che ho avuto accanto. La sensazione che se tu sparissi sparirebbero anche i problemi e il mondo te ne sarebbe grato è falsa e illusoria, non è mai la soluzione, ma quando ti ritrovi in certi stati mentali diventa molto difficile guardarsi da fuori. Ho scelto di metterlo in musica perché bisogna parlare di certe problematiche e imparare a tendersi la mano l’un l’altro. Io cerco di farlo sia con me stesso che con gli altri. È il mio modo per dire: “Io sto come te”, “Ci son passato anche io”.
Nello stesso brano ripeti più volte: “Nessuna notte è per sempre”, quindi credi che ci sia una luce in fondo al tunnel.
Sì, molto. Non bisogna minimizzare i problemi: esiste l’ansia, la depressione, il suicidio, esistono le malattie mentali ma anche la cura e il modo di farsi aiutare. Io sono la dimostrazione che al di là di tutto si può continuare, se ne può uscire. Cambiarsi è molto difficile, però si può imparare a perdonarsi, a convivere con se stessi e con i propri problemi.
Il disco è nato da un ritorno in terapia: quanto è stato importante per te chiedere di nuovo aiuto?
Nella vita sono entrato e uscito dalla terapia tante volte, questa è l’ennesima volta in cui decido di tornarci per affrontare problemi che non avevo ancora affrontato e che l’ultimo anno ha messo in luce, e sicuramente la terapia mi ha permesso di chiudere quest’album. Senza non l’avrei fatto. È l’ennesima riprova per me che mi sottovaluto troppo, penso sempre che non ce la farò e poi alla fine trovo il modo di ripartire e tornare sui miei passi, anche se è giusto perdersi a volte.
Secondo te in Italia si fa abbastanza per la salute mentale?
È un tema che fortunatamente sta venendo a galla sempre di più, ma che è ancora molto stigmatizzato, non viene capito e a cui non viene dato il giusto peso. I problemi di salute mentale vanno curati al pari di una frattura o di una bronchite. Bisogna intervenire prima che le cose degenerino. Dall’altro lato la verità è che farsi aiutare ha un costo. Non sono un politico o un economista: so che ci sono i bonus ma si potrebbe fare qualcosa per aiutare quei ragazzi che non si possono permettere le cure adeguate. Io ho la fortuna di poterlo fare ma tanti no, sarebbe bello estendere questa possibilità a più persone.
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