Il sorriso di Monna Lisa? Basato sull’amante gay di Leonardo da Vinci

Lo sostiene uno degli storici d'arte più importanti al mondo, Silvano Vinceti. Leonardo era infatti omosessuale.

leonardo da vinci gay, la gioconda
3 min. di lettura

Il sorriso più famoso del mondo è sicuramente quello, iconico, della Gioconda del grande artista italiano Leonardo Da Vinci. Ora non esattamente un “signor nessuno” ma uno degli storici d’arte più importanti al mondo, Silvano Vinceti, sostiene che molto probabilmente sia basato su un amante gay di Leonardo da Vinci.

Il famoso ritratto che è esposto al Louvre di Parigi è stato infatti sottoposto a analisi a raggi infrarossi per dare al mondo dell’arte un quadro più chiaro di uno dei dipinti più famosi del mondo. Dopo gli esami, Silvano Vinceti crede che l’opera d’arte sia stata realizzata basandosi su due modelli: la moglie di un ricco mercante fiorentino, Lisa Gherardini, e l’apprendista di Leonardo da Vinci, Gian Giacomo Caprotti, che era anche notoriamente il suo amante.

“La Gioconda è androgino – metà uomo e metà donna”, ha dichiarato lo storico d’arte Silvano Vinceti al quotidiano inglese The Telegraph, spiegando che ha studiato altri dipinti che ritraggono l’allievo di Leonardo Da Vinci e trovato molte somiglianze. “Si vede particolarmente nel naso di Mona Lisa, nella fronte e nel suo sorriso“.

Gian-Giacomo-Caprotti
L’allievo e compagno di Leonardo da Vinci, Gian Giacomo Caprotti


Gian Giacomo Caprotti
(nella foto), nel 1490, a soli 10 anni lasciò il borgo di Oreno, oggi frazione di Vimercate, ed entrò come garzone nello studio milanese di Leonardo da Vinci, di fronte al Duomo. Il suo nome si affacciò per la prima volta alla storia nel 1490: sul foglio iniziale di quello che sarebbe diventato un giorno il Manoscritto C, lo stesso Leonardo da Vinci annotò: “Iacomo venne a stare con meco il dì della Maddalena nel 1490, d’età d’anni 10”. Da quel 22 luglio la vita dell’artista e quella del suo giovane garzone si saldarono in modo indissolubile. Il “garzone di bottega”, giorno dopo giorno, conquistò il bene e la fiducia del maestro fino a diventare l’insostituibile e prediletto allievo. Fu lui l’unico a rimanere vicino a Leonardo quasi per tutta la vita. L’unico a stringere in modo indissolubile il proprio destino a quello del maestro, del quale fu fedele compagno. L’unico a seguirne il peregrinare fra le corti rinascimentali. La vicenda umana e artistica del Caprotti era ben nota agli scrittori del Cinquecento: perfino il Vasari, nella prima edizione delle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani citò solamente lui fra i discepoli di Leonardo: “ed a lui insegnò molte cose dell’arte; e certi lavori, che in Milano si dicono essere di Salai, furono ritocchi da Lionardo”. Salai, ossia diavolo: così infatti il maestro aveva soprannominato Gian Giacomo a causa del carattere irrequieto.

A provare la loro relazione amorosa è un disegno contenuto nel “Codice Atlantico”, dove, schizzati dalla mano di qualche garzone, compaiono due membri virili in erezione, dotati di gambe e coda, che marciano verso un orifizio anale sopra il quale sta scritta una sola parola: “Salaj”.

leonardo-da-vinci-codice-atlantico

Leonardo da Vinci era omosessuale: su questo non vi sono più dubbi. Le prove che lo storico gay Giovanni Dall’Orto cita per dimostrare questa tesi sono ben quattro: una denuncia per “sodomia” che Leonardo subì nel 1476 (pare avesse fatto sesso anale con un giovane prostituto), una riflessione in chiave neoplatonica sull’amore dove Leonardo  si lascia scappare un doppio genere maschile parlando di amante “giunto all’amato“, la quantità di disegni di giovani androgini che il grande artista fece (fino ad un angelo annunciante ritoccato con l’aggiunta di una vistosa erezione) e, per l’appunto, la sua relazione con Gian Giacomo Caprotti ed altri ragazzi.

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