Leggendo il delizioso articolo di Elfodiluce (come gli invidio il nome!) sul Kamasutra e i suoi deliranti teoremi riguardo la nostra inferiorità, perversione, malattia, ecc., non ho potuto evitare il copia/incolla del seguente passaggio:
“Gli studi sui soggetti omosessuali suggeriscono che in genere hanno una scarsa quantità di sperma… “.
Di tante meravigliose invenzioni questa è la migliore. Tanto apodittica quanto inattendibile, conserva tutto il fascino dei pregiudizi d’epoca (non a caso è stagionatissima), le classiche affermazioni campate in aria che nessuno si prendeva mai la briga di motivare. Dati di fatto e basta.
Mentre sarebbe stata utile conoscere la provenienza di certe informazioni, altrimenti soggette a malizia interpretativa: gli autori si erano impegnati a misurare personalmente la quantità di sperma? Limitandosi al ruolo di osservatori esterni o partecipando in prima persona? E, nel caso, con la mano o con la bocca? E poi del contenuto cosa ne era? Lo riversavano in un recipiente per misurarlo o facevano a occhio? Peccato non si siano soffermati anche sul sapore, spiegandoci, da bravi sommelier, la differenza con quello degli etero.
Ma perché accanirsi con mulini a vento arrugginiti? Meglio cogliere il pretesto di questa presunta nostra carenza per mescolare, come sempre, ricordi e scuole di pensiero. Del tipo se la quantità di sperma sia indispensabile o meno al rapporto, in modo analogo alle misure del pene.
Nella mia passata esperienza ho avuto fidanzati che hanno riempito la mia macchina di simil stalattiti. Dopo il coito si rideva sempre fragorosamente, come bambinetti sorpresi ad averla fatta grossa, proprio a commento dell’eccessiva gittata.
Ricordo anche molti cosiddetti “vestitini”, momenti di sano erotismo puro: allora, al piacere d’altri tempi di mettersi in ginocchio a servire una buona dimensione di maschietto, corrispondeva anche un degno finale di film. L’imbarazzo di riuscire ad asciugarsi e il sacrificio di qualche canottiera erano completamente ripagati dalla frazione impressa per sempre nella memoria, molto più di tante situazioni romantico-annacquate.
Eppure l’eiaculazione anomala non dispiace nemmeno al termine di un amplesso
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Eppure l’eiaculazione anomala non dispiace nemmeno al termine di un amplesso corredato di bacetti e carezzine. Almeno non dispiace a me, che sono un sentimentale e preferisco non portar via, insieme con la vernice, le tracce dei miei passati amori – dei più generosi in tal guisa, ovviamente – rimaste impresse sulle pareti.
Alle quali pareti mancano, oltre a quella del mio primo fidanzato, che si è dovuto accontentare della macchina, anche quella del giovane spilungone con l’aria da inglesino, che ogni tanto mi legge e che ancora oggi mi fa impressione quando mi viene sopra, come un affluente che si butta nel fiume e, al piacere del calore, aggiunge la quasi estraniante furia del getto.
Personalmente – so di sorprendervi, a questo punto – trovo eccitante una conclusione dell’atto sessuale sfacciata, una quantità notevole di sperma, per quanto non possa discriminare chi non eccede. Io stesso vengo pochissimo (ho perfino pensato che l’autore del Kamasutra si rivolgesse a me) ma me ne sono fatta una ragione. Non credo ci siano proprio le basi per un complesso.
Ci tengo a precisarlo ai lettori meno dotati (quale che sia l’oggetto della dote): nel sesso ci sono molti dettagli che, a seconda dei gusti, possono costituire un “in più”. Eccitante, accecante, meraviglioso, ma pur sempre in più. Che può essere sufficiente per la bottarella furtiva, ma per la lunga durata non basta.
Lunghezza, larghezza e capacità sono sante e benedette, come direbbe mia zia, ma non sono tutto nel sesso: la passione e la fantasia restano sempre il top. E noi gay, come gruppo etnico, non ne siamo forniti meno degli etero. Quanto allo sperma, va rammentato che comunque non dobbiamo rimanere gravidi e che, ad ogni buon conto, se si eiacula poco, basta evitare un proclama fuorviante del tipo “Adesso ti inondo” e, al limite, venire dopo il partner. Io faccio sempre così.
Flavio Mazzini, trentenne, giornalista, ha deciso di prostituirsi con uomini per raccontare le proprie esperienze nel libro Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005). Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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