Zachary Quinto, Matt Bomer, Andrew Rannells, Jim Parsons, Robin de Jesus, Brian Hutchison, Charlie Carver e Michael Benjamin Washington.
Otto nomi di grido per riportare a Broadway una delle più celebri pièce teatrali LGBT d’America. The Boys in the Band, scritta nel 1968 da Mart Crowley, nel 1970 diventata film con William Friedkin alla regia e ora dopo mezzo secolo risorta grazie all’infaticabile Ryan Murphy, tra i produttori più potenti e impegnati di Hollywood.
“Il significato di The Boys in the Band non può essere sottovalutato. Nel 1968 Mart Crowley ha fatto la storia teatrale dando voce ai gay sul palco, in questo gioco senza compromessi, onesto e maliziosamente divertente“, ha detto Murphy. “L’opera teatrale è stata rivoluzionaria nella sua esplorazione di come gli uomini gay si trattassero l’un l’altro, senza doversi scusare per quello che sono, in un mondo che non era ancora disposto ad accettarli pienamente“.
Nato nel 1968, The Boys in the Band era stato originariamente programmato per sole 5 serate in un piccolo teatro off-Broadway. Dopo una sola notte era già sulla bocca di tutti, finendo così al Theatre Four sulla West 55th Street, richiamando celebrità di vario tipo, tra le quali Jackie Kennedy, Marlene Dietrich, Groucho Marx e Rudolf Nureyev. Oltre 1000 repliche, con Friedkin, l’anno dopo premio Oscar grazie a Il braccio violento della Legge, che lo tramutò in cinema nel 1970.
Festa per il compleanno del caro amico Harold il titolo della pellicola nel Bel Paese, incentrata su un party organizzato da Michael per l’amico Harold. Tra gli invitati diversi omosessuali appartenenti alla borghesia intellettuale di New York ed Alan, unico eterosessuale tra i presenti che porta tutti ad una sorta di analisi collettiva fatta di veleni e rancori. Un gioco al massacro in cui i protagonisti scoprono a loro spese di essere più soli di quanto pensassero.
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