“Gridiamo al mondo che esistiamo”: Transgender Day of Visibility, le parole della comunità

Oggi è la Giornata Internazionale della Visibilità Transgender. Una giornata che suona come reminder per tutto il resto dell'anno. Ne abbiamo parlato con Vladimir Luxuria e la consigliera comunale di Milano Monica Romano, ma non solo. Cosa significa davvero essere visibili? L'abbiamo chiesto direttamente ad alcune persone della comunità. Ambrosia, artista e showgirl Antonia Monopoli, attivista Leone Orvieto, attivista e coordinatore presso TDoV Roma Asia Cione, giornalista e coordinatrice presso TDoV Roma Simonetta Musitano, attrice e stand up comedian Jessica G Giovane, attivista e content creator Christian Cristalli, attivista Marte Pezzatini, attore e drag king Greta La Medica, scrittrice e dj Ambrosia, artista e showgirl @vdambrosio Non mi è mai piaciuto parlare di visibilità trans. A volte farlo è estenuante. Vorrei non doverlo fare. Vorrei non dover chiedere alle persone di essere più presenti nel difenderci in battaglie che non dovrebbero neppure essere combattute. Vogliamo solo sentirci al sicuro nel mondo. Vogliamo solo non parlare sempre di visibilità trans. Ma fino a quando non dobbiamo, dobbiamo. Antonia Monopoli, attivista @antonia_monopoli Sono una donna che ha vissuto a 360° la maggior parte delle tipologie di discriminazione che può subire una persona transgender: sessualità, aspetto fisico, lavoro, società. Ho praticato per anni la prostituzione perché negli anni 80-90, per esempio, quando entravo in un negozio in cerca di lavoro come commessa mi guardavano dalla testa ai piedi e appena scoprivano che ero una persona transgender, rispondevano con delle scuse. Inoltre, in mezzo alla violenza e all’umiliazione della strada, ho dovuto combattere per poter proseguire il mio percorso di transizione in una società che non solo non mi supportava ma mi discriminava fino a diventare io stessa un’attivista e lottare non solo per me stessa ma per tutte persone. Ad oggi sono responsabile dello Sportello Trans di Ala Milano Onlus e credo che la mia testimonianza sia ancora più importante da condividere in occasione del TDoV - Transgender Day of Visibility perché in me tante persone possono identificarsi e trovare il coraggio per affermarsi e combattere perché come ce l’ho fatta io, possono farcela tutti. Leone Orvieto, attivista e coordinatore presso TDoV Roma @leoneorvieto Per me visibilità vuol dire poter raccontare le nostre storie, vissuti e bisogni attraverso la nostra stessa voce, solo così possiamo essere riconosciutз nella pluralità delle nostre soggettività, che non si riducono al solo essere transgender. vuol dire rivendicare gli spazi di cui troppo spesso veniamo privatз. lo facciamo oggi rumorosamente, ma è per noi pratica silenziosa e quotidiana, perché di fronte a ogni dibattito basterebbe ascoltare chi ha la legittimità di prendere parola riguardo la sua stessa esistenza. Asia Cione, giornalista e coordinatrice presso TDoV Roma @asiacione Per me visibilità significa prenderci il nostro spazio. Per raccontare noi le nostre storie, per raccontare noi i nostri corpi, senza che lo faccia qualcun altro al posto nostro. Simonetta Musitano, attrice e stand up comedian @simonaquellafalsa Per me visibilità significa occupare lo spazio che merito di avere, senza la paura di essere invisibilizzata, cancellata, allontanata. Significa essere percepita nella mia complessità di persona, nella mia umanità e nei miei bisogni. Jessica G Giovane, attivista e content creator @jessicagiorgiasenesi Per me parlare di visibilità purtroppo ancora oggi è molto importante. Viviamo in una società che discrimina, esclude ed ignora le persone trans, abbandonandole a loro stesse. Questa giornata serve a ricordare che esistiamo e abbiamo bisogno di essere più riconosciute, tutelate e rispettate! Esattamente come ogni altro essere umano. Il giorno in cui non ci sarà più bisogno di doverlo specificare sarà un giorno bellissimo! Christian Cristalli, attivista @iosonoilgender Visibilità per me è rendere visibili i miei bisogni di persona trans e far comprendere come i nostri corpi plurali e molteplicità di identità oltre il binarismo di genere non siano previste e contemplate. Vogliamo esistere in ogni ambito, nel mondo dello sport, del lavoro, nell’accesso alla salute con una medicina di genere non più solo binaria, nelle scuole e Universita, transgenitorialita, età evolutiva con varianza di genere, vogliamo spazi più sicuri e ci rendiamo visibili per promuovere un cambiamento culturale che permetta di vederci come persone e non mere ideologie astratte. Non siamo teorie del gender siamo persone in carne e ossa e abbiamo diritti. Soprattutto non vogliamo diagnosi di patologie inesistenti perché essere trans non equivale ad avere disturbi mentali o a rientrare in manuali psicodiagnostici come il DSM (a detta stessa dell’OMS che nel 2018 ha indicato le nuove linee di ICD11 per la depatologizzazione). Marte Pezzatini, attore e drag king @martepezzatini Rivendico il mio diritto ad esistere, ad avere alti e bassi, successi e fallimenti, gioie e dolori, e rifiuto le aspettative imposte dalla società che ci tiene ad incasellarmi unicamente in una categoria marginalizzata, come se non esistesse nulla oltre ad essa. Rivendico il diritto di essere visto non perché trans, ma per tutto il resto, tutto ciò che abita la mia vita. Essere visibili vuol dire avere il diritto ad essere fallibili, falliti, e fallimentari. É il diritto di sentirsi nella ragione o nel torto, di fare la cosa giusta o di sbagliare, di prendere decisioni complesso o frivole, senza mai mettere in discussione la mia identità di genere. Greta La Medica, scrittrice e dj @gretalamedica Prima che mi trasferissi a Milano, agli inizi degli anni 2000, non avevo mai conosciuto una persona trangender di persona. I grandi media non parlavano praticamente mai di donne trans. quando ero una ragazzina riaffiorano alla mente solo brevi interviste rilasciate da Eva Robins che ai tempi veniva definita “ermafrodita” lasciando allo spettatore l’esercizio di romanzare sopra un personale pensiero a riguardo; non c’era praticamente nient’altro, se non dei trafiletti di giornale che risospingevano la storia di queste chimere in angusti spazi di cronaca nera. Da qualche anno, con i Social Media ci siamo riprese quel luogo di parola per tanto tempo silenziato, soppresso. Penso che il corpo di una persona trans sia la transustanzazione di quell’atto politico che definiamo “coming out”. Noi non abbiamo il privilegio di chiudere nell’armadio dell’invisibilità ciò che siamo e lo rivendichiamo con orgoglio ogni giorno. Il 31 marzo è un’occasione per gridare al mondo che esistiamo, siamo in tante, milioni, un esercito ancora in guerra nell’eterna battaglia dei diritti.

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Cosa significa essere visibili? Ce ne parlano artistз, scrittorз, attivistз della comunità.

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