Questioni di un certo genere, il Post
Il Post torna con “cose spiegate bene” e dopo il primo volume dedicato all’editoria, ora è disponibile nelle librerie “Questioni di un certo genere“. Con il loro solito fare pedagogico, hanno radunato in questo volume alcuni dei più noti studiosi, scrittori e attivisti sulle questioni di genere e sulla lingua. Come la socio-linguista Vera Gheno che cura il contributo “l’importanza di avere un nome“, o la fumettista Fumettibrutti con “Il mio nome morto“.
Con la curatela di Iperborea e della redazione del Post (Arianna Cavallo, Ludovica Lugli, Massimo Prearo), “Questioni di un verto genere” si presenta come un vero e proprio breviario per i nostri giorni confusi, dove è all’ordine del giorno la mistificazione e la strumentalizzazione di concetti che dovrebbero essere acquisiti da decenni.
Fiocco azzurro o fiocco rosa: tutte le persone vengono divise tra due gruppi alla nascita, o ancora prima, in base alla forma dei propri genitali vista in un’ecografia. Le cose però non sono mai così semplici e concluse, e per capirle meglio abbiamo cominciato a distinguere sessi e attrazioni sessuali prima, e identità di genere poi. Insieme a queste distinzioni sono arrivate nuove parole – come «bisessuali», «LGBTQIA+», «transgender» e «cisgender» – e nuovi dibattiti. Uno riguarda la lingua (non solo lo schwa), altri cose più concrete: i simboli sulle porte dei bagni, le categorie nello sport agonistico, gli abiti che indossiamo. E poi ci sono le questioni dei diritti, e la capacità di tutti di conoscere e capire il prossimo, e gli argomenti di cui si discute.
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