Ignazio La Russa: “Sul figlio gay avrei dovuto dire ‘non ce l’ho, non lo so’. Rispettare identità altrui”

Un mezzo mea culpa ma non un passo indietro. "La stragrande maggioranza di chi ha visto il programma non mi criticherebbe".

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Dopo 24 ore di furenti polemiche per la sua intervista a Belve, Ignazio La Russa, presidente del Senato in carica, ha apparentemente fatto “mea culpa” dalle pagine del Corriere della Sera.

Il co-fondatore di Fratelli d’Italia, che si è detto “dispiaciuto” in prime time Rai dinanzi all’eventualità di un figlio omosessuale, ha difeso la sua partecipazione al programma di Francesca Fagnani, “a titolo del tutto personale e con sincerità. Non puoi fare l’istituzionale. O, peggio, l’ipocrita”. “Credo che la stragrande maggioranza di chi ha visto il programma non mi criticherebbe“.

Dinanzi a quella risposta sull’eventuale figlio gay che ha suscitato così tanta indignazione, eccezion fatta per Vladimir Luxuria, La Russa ha ammesso che “avrei dovuto dire: non ce l’ho, non lo so. Dovendo ipotizzare che sentimenti avrei avuto in quella situazione ho detto che da eterosessuale avrei provato un “leggero dispiacere” se non fosse stato simile a me. Come è stato per uno dei miei figli quando era del Milan e io dell’Inter. Ma certo non per questo gli avrei voluto meno bene. Avrei rispettato la sua identità”. “È comune per un padre volere un figlio che gli assomigli. I sentimenti non sono sindacabili. È un mio problema. Intimo. L’importante è che si sia rispettosi dell’identità altrui. E chi mi conosce sa che lo sono sempre stato“.

La Russa ha rivelato che Anna Paola Concia, ex parlamentare, lo ha difeso in Senato, dopo averla casualmente incontrata per parlare di Didacta Italia, perché a suo dire non “era sbagliata la risposta ma la domanda“. Il motivo?

Non si va a indagare su qualcosa che ormai non dovrebbe più essere sindacato. Dovrebbe essere scontato il rispetto di tutti. Nel Fronte della gioventù c’erano due dirigenti che stavano insieme. Fondarono il primo cinema gay di Milano in via Padova. Restarono dirigenti. Uno di loro (S. F.) poverino subì un’aggressione da estremisti di sinistra e rimase a lungo tra la vita e la morte“.

Sul perché Vladimir Luxuria lo stimi tanto, il presidente del Senato si è da tempo dato una risposta: “Perché al suo primo giorno di legislatura, intimidita e spaventata, me la presi con un assistente parlamentare che non le aveva dato una rosa distribuita a tutte le altre donne. E gliela diedi. In realtà, io le donne nel programma le ho difese“.

Ma se La Russa ha provato a sminuire la gravità delle proprie affermazioni, c’è chi è tornato a rimarcarne la pericolosità. Manuela Pellizzon, presidente della sezione trevigiana di Agedo, ha duramente criticato il presidente del Senato dalle pagine del Corriere del Veneto, raccontando la sua storia di genitore con un figlio omosessuale.

L’unica accezione in cui riconosco “diverso” mio figlio Filippo è che, per fortuna, è una persona diversa da La Russa. Quando l’ho sentito mi sono infastidita sentendo usare il termine “scelta” e, per di più, paragonando l’orientamento sessuale di una persona a una tifoseria. Ecco, forse non è casuale. E, comunque, se si ricopre il ruolo di seconda carica dello Stato si dovrebbe essere consapevoli che le proprie parole hanno un peso diverso rispetto a quelle di un privato cittadino. Devo dire che le dichiarazioni seguenti sull’aspetto fisico delle donne mi hanno, se possibile, offeso ancor di più. Però, conoscendo il personaggio, in tutta onestà non posso dirmi sorpresa“.

Quando parla di suo figlio Filippo, Manuela si illumina d’amore. “Ora ha 27 anni, non cambierei una virgola. Vive in Svezia, ha un compagno tedesco che abbiamo conosciuto proprio domenica scorsa. È bello come il sole, ci è piaciuto molto. Dà l’impressione di essere una bella persona, proprio come Filippo. Fin da quando era bambino ho sempre pensato che fosse un figlio speciale: empatico, solare, estroverso, curioso, a dirla tutta già allora parlava anche con i sassi. A scuola, poi, è sempre stato molto bravo. Insomma, non ci ha mai dato un pensiero. Forse, però, i pensieri li aveva lui da ragazzo, finché non ha deciso di condividere con noi il suo essere gay“.

Dinanzi al coming out del figlio, al suo primo anno di università, i suoi genitori si sono stretti attorno a lui, cercando di tranquillizzarlo. Perché nulla era cambiato.

L’ho abbracciato piangendo pure io e gli ho detto: “Ti ho sempre voluto bene e da oggi te ne vorrò di più, ora finalmente vivremo una vita vera”. Avevamo già qualche dubbio ma non ne abbiamo mai parlato. Mio marito era impaurito soprattutto dal mondo fuori, si chiedeva se sarebbe stato felice, se sarebbe stato solo, se avrebbe faticato a trovare lavoro. Certo, sono stereotipi ma dettati dall’amore di un padre per il figlio. Quel pranzo è stato un momento molto intenso. Se tornassi indietro non vorrei cambiare di una virgola. Filippo è il figlio che amo“.

Sulle parole del Presidente del Senato che hanno umiliato le persone omosessuali italiane, il direttore editoriale di Gay.it Giuliano Federico aveva scritto una lettera a Mattarella, chiedendo le scuse della Repubblica. La Russa non si è propriamente scusato, ma certamente si è pentito.

 

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