Taylor Swift: e se la ragazza della porta accanto conquista il mondo?

Retrospettiva di un fenomeno, scritta da un fan veterano.

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taylor swift gay it vmas
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Se pronunci il nome ‘Taylor Swift’ ad alta voce nella folla, puoi generare tre reazioni: isterismo collettivo, occhi rigirati di trecentosessanta gradi, e qualche punto interrogativo. Ma non è sempre stato così, lo scrivo io che sono suo fan dai tempi della cripta, quando i suoi cd a malapena arrivavano in Italia e l’ascoltavo sotto la scusa del ‘guilty pleasure’. Come se il piacere potesse mai essere davvero colpevole.

Mi sono abituato a pensare a lei come la mia piccola cantante sconosciuta, che nel frattempo vince nove VMAs in una sola notte, ha i biglietti del tour che vanno a ruba in meno di trenta minuti (inclusa l’Italia, con ben due tappe sold-out nel 2024), e occupa i primi dieci posti della classifica americana solo con le sue canzoni.

Non succede dall’altro ieri: Taylor Swift è un fenomeno che ha macinato silenziosamente record sin dagli esordi, quando il suo nome non era sulla bocca di nessuno, ma il suo primo piccolo album rimaneva in classifica per oltre 257 settimane. Nel nostro paese Taylor Swift, in particolare, l’hanno capita un po’ in ritardo, e per dieci persone che l’amano alla follia, ne troverete altre dieci che non se la spiegano. Perché ha così successo? Troppo facile affidare ad un veterano come me il compito di spiegarvelo, come faccio a parlarvene senza passare per il fan sfegatato che parla solo perché di parte? Difatti non posso e abbiamo già raggiunto un punto di non ritorno.

I detrattori verranno a dirvi che non c’è nulla da dire su di lei, ma per descrivere la parabola di Taylor Swift non basterebbe un Power Point, al massimo un corso di laurea (e se volete c’è anche quello: “Psychology of Taylor Swift – Advanced Topics of Social Psychology” presso l’Arizona State University).

 

Nel 2009 era la sedicenne dai boccoli d’oro che strimpellava canzoni country, ma non country per cowboys del Tennesse che sputano tabacco, ma per adolescenti chiuse in cameretta, troppo sfigate per stare con le cheearleader e con crush che  non le ricambiano mai.

Nel 2012 è la ragazza tumblr con i moustaches finti, che compra i vestiti da Humana Vintage e omaggia Joni Mitchell (solo che il suo album invece di Blue, si chiama Red).

Nel 2014, mette da parte la chitarra, e con un caschetto alla Anna Wintour si tuffa nel 1989, con il primo disco spudoratamente pop, così fresco e vitale che te lo passi ancora oggi per endovena, accompagnando i synth anni ottanta a Imogen Heap. Non più la sfigata della scuola, e nemmeno l’adolescente su tumblr, bensì una stangona alta due metri che potresti scambiare per top model (e infatti, si circonda di una squad composta al 80% da modelle di Victoria Secret, da Gigi Hadid a Cara Delevigne).

Poi se sei bella, famosa, e di successo il mondo ti vuole anche stronza, falsa e calcolatrice. Una mangiauomini che colleziona fidanzati come trofei, solo per scriverci canzoni sopra. Nelle parole di Katy Perry, Regina George travestita da agnellino. Basta una telefonata con Kim Kardashian e Kanye West (lui le aveva già dato filo da torcere ai VMAs del 2009, quando salì sul palco per toglierle il premio dalle mani e urlare che se lo sarebbe meritato Beyoncé) per smascherarla, e il mondo la vuole letteralmente morta.

Così lei risorge nel 2017 con choker al collo, rossetto nero, e circondata da vipere, travestita come la villain che tutti dicono, e facendo ancora più successo di prima.

Che sia un’inguaribile romantica o una serpe vendicatrice, risiede proprio qui il seme del suo successo: giocare con la propria immagine, rendere impercettibile la linea sottile tra i gossip dei tabloid e la verità più intima, creando un universo dove il coming of age della ragazza della porta accanto non si discosta più di tanto dal viaggio di un personaggio mitologico. Tutto questo con l’intelligenza di un mostro del marketing, una (anti) eroina capitalista che sa perfettamente come vendersi e fatturare ogni sua singola mossa.

Che siano millennial come lei (presente) o gen Z che l’hanno scoperta su TikTok, con i fan ha instaurato un rapporto così duraturo e fedele da guadagnarne sempre di più: commentando i loro post come fosse la miglior amica, invitandoli a casa sua per ascoltare gli album in anteprima, e sommergendoli di sorprese, easter egg, messaggi in codice che farebbero venire la nausea a chiunque non ne fa parte.

È assolutamente lecito che non ve ne freghi niente, ma di solito gli Swifties si divertono di più (e hanno meno soldi sul conto), tra album a sorpresa rilasciati nel bel mezzo della pandemia o il precedente catalogo ri-registrato per acquisirne i diritti (e darci altre nuove canzoni ancora). È anche una ‘eccellente regista’ (non lo dico io, ma Rodrigo Prieto, direttore della fotografia di Martin Scorsese) che dirige i video, gira short-films, e ha pure una sceneggiatura in cantiere.

 

Ha i suoi difetti, tra cui megalomania (dieci versioni dello stesso album sono un po’ troppe) e un ego smisurato (non troverete nessuna più autoreferenziale di lei). Non fa musica sperimentale, non ha una voce potente da scoperchiare le macchine, non è nemmeno la performer che vi fa le capriole sui trampoli. Ma sa impugnare una penna e raccontarvi una storia nei minimi dettagli. Nelle parole di Ann Powers, critico musicale di NPR, è un po’ la Bob Dylan delle giovani ragazze: “Forse è questo che ci confonde. Perché, in una società patriarcale che favorisce gli uomini bianchi, come può una giovane donna che assomiglia ad una top model azzardarsi a pensare di essere storica? Eppure lei lo fa” scrive Powers.

Non c’è una cantautrice o popstar vivente lì fuori che ha saputo catturare il concetto di ‘girlhood’ meglio di Taylor Swift. Che sia l’esperienza di un’adolescente che scrive sul diario segreto e immagina una storia d’amore nel 1300, una ventenne che si sposta nella grande città e riscopre sé stessa, o una trentenne che si accorge che quell’adolescente non c’è più, lei dà parola a tutte loro (e tuttə quellə che si sentono come loro). Una ragazza basic se considerate basic anche Barbie, il cinema di Nora Ephron, e i romanzi di Sally Rooney.

Nelle parole degli haters ‘scrive cose da ragazzine’, come se le ‘ragazzine’ non avessero niente di profondo da dirci su chi siamo e come ci comportiamo nel mondo. Ma le ragazzine hanno una forza emotiva che spaventa sia gli uomini, sia tutti quelli che vogliono farsi piacere dagli uomini, e Taylor Swift quell’energia lì ce la sbatte in faccia senza scrupoli, distruggendo in una canzone di dieci minuti, un maschio di nove anni più grande, costretto a fare i conti con una vulnerabilità che aveva troppo sottovalutato. E forse un po’ pure tu.

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