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Matthew Shepard, gli amici lo ricordano 25 anni dopo il brutale omicidio omofobo che sconvolse il mondo

Selvaggiamente picchiato, massacrato e legato ad un palo, ancora vivo. Solo perché gay. Matthew Shepard, 21enne, venne trovato dopo sei giorni di agonia.

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Il 7 ottobre del 1998 Matthew Shepard, 21enne studente gay del Wyoming che amava il teatro e studiava italiano e tedesco, conosceva in un bar di Laramie due ragazzi, chiedendo loro un passaggio. Fu la sua fine. Matthew venne ritrovato il 12 ottobre dopo giorni e giorni di ricerche con una grave ferita alla testa, che andava dalla nuca fino all’orecchio destro. Un danno celebrale che impediva al corpo di regolare il battito, la respirazione e la temperatura corporea. Dozzine di lesioni erano sparse in tutto il corpo, in particolare sul collo, sul volto e alla testa. Il suo viso era totalmente ricoperto di sangue, ma questo non bastò. I due aggressori lo legarono a un palo, e lo lasciarono lì, ancora vivo. Dopo 18 ore un ciclista lo notò per caso e chiamò i soccorsi. I medici non poterono far altro che ricoverarlo in rianimazione, ma operarlo era fuori discussione. Alle 00:53 del 12 ottobre, il suo cuore smise di battere.

25 anni sono passati da quel brutale omicidio che sconvolse l’America e il mondo intero. La polizia, nel giro di poche settimane, arrestò i due responsabili: Aaron James McKinney e Russell Arthur Henderson. Gli agenti, durante una perquisizione, trovarono nelle case dei due balordi la carta di credito e le scarpe di Matthew, oltre a un’arma con tracce del sangue del ragazzo.

(In copertina Matthew a Roma nel 1993: Shepard amava l'Italia e la cultura italiana. Courtesy of Smithsonian, donazione di Judy e Dennis Shepard)
(In copertina Matthew a Roma nel 1993: Shepard amava l’Italia e la cultura italiana. Courtesy of Smithsonian, donazione di Judy e Dennis Shepard)

Nel corso del processo i legali dei due assassini cercarono di utilizzare la carta del panico gay, dettato da presunte avances di Shepard nei loro confronti. Il panico gay è un’arma che solitamente usa la difesa, che prevede di attribuire agli accusati una temporanea infermità mentale e contemporaneamente colpevolizzare la vittima. Non ha mai funzionato. Nemmeno in questo caso. McKinney e Henderson vennero dichiarati colpevoli e la pena fu esemplare: 2 ergastoli per ognuno. Niente possibilità di uscita per buona condotta. La famiglia Shepard si oppose quando si iniziò a parlare di pena di morte. “Stiamo offrendo la sua vita in memoria di uno che non vive più” avevano affermato i genitori, Judy e Dennis.

Oggi, 25 anni dopo, il ricordo di Matthew Shepard è rimasto indelebile. Ogni anno negli USA le associazioni LGBTQIA+ lo omaggiano. 25 anni dopo i suoi vecchi amici hanno voluto ricordarlo.

Era un nerd totale”, dice Romaine Patterson, 45enne attivista per i diritti LGBTQ+ e amica intima di Matthew Shepard, il cui brutale omicidio 25 anni fa sconvolse gli Stati Uniti. “Cercava sempre di incontrare persone nuove e interessanti“, ricorda Patterson, che conobbe Shepard tramite il suo terapista. Aveva infatti chiesto di essere messo in contatto con altri studenti LGBTQ+ del campus del Casper College, dove studiava. Quando Patterson era al lavoro, in un bar del posto, Matthew passava la giornata a chiacchierare con lei, osservando la gente dalla finestra e iniziando conversazioni con estranei. “Era una delle caratteristiche della sua personalità. Si avvicinava sempre a una nuova persona come a un potenziale nuovo amico”, afferma Patterson.

Tutto ciò potrebbe spiegare perché Matthew sia finito in compagnia di Aaron McKinney e Russell Henderson, i due uomini che, la notte di martedì 6 ottobre 1998, lo hanno picchiato e brutalmente torturato prima di lasciarlo morto, legato a un una recinzione vicino a Laramie, nelle zone rurali del Wyoming. Per evitare la pena di morte, Henderson si è dichiarato colpevole di omicidio e rapimento ed è stato condannato a due ergastoli consecutivi. McKinney fu processato un anno dopo la morte di Matthew. È stato condannato per omicidio colposo, rapina aggravata e sequestro di persona. Sta scontando anche una doppia condanna all’ergastolo.

Venticinque anni dopo, l’omicidio di Matthew rimane tra i crimini d’odio omofobico più orribili – e famigerati – nella storia degli Stati Uniti. La sua morte segnò anche un punto di svolta, poiché il Paese intero iniziò finalmente a fare i conti con la sua radicata omofobia.

La storia di Matthew Shepard è stata raccontata attraverso una varietà di libri, film e documentari negli ultimi due decenni e mezzo. Nell’ultimo, The Matthew Shepard Story: An American Hate Crime, Patterson e un altro amico di Matthew, Jim Osborn, insieme alle celebrità Rosie O’Donnell, Adam Lambert e Andrew Rannells, riflettono su chi fosse e perché la sua tragica storia conti ancora oggi.

Matt aveva un’energia contagiosa, solo parlare con lui per un paio di minuti poteva migliorare la tua giornata“, ricorda Osborn, che incontrò Matthew solo due mesi prima della tragedia, all’Università del Wyoming, grazie all’associazione studentesca LGBTQ+ dell’università. La notte in cui Matthew è stato aggredito, il gruppo si era riunito. 24 ore dopo la vita di Osborn è cambiata per sempre. “Essere qui a Laramie dopo la notizia fu surreale, perché era come se qualcuno avesse premuto un interruttore”.

Fino ad allora, la città natale di Osborn aveva nascosto le questioni LGBTQ+ sotto il tappeto. “Dall’oggi al domani, aziende e cittadini appesero lenzuola e cartelli alle finestre dei loro appartamenti, con sopra scritto: ‘L’odio non è un valore di Laramie’. Fu molto gratificante vederlo”.

Dopo la morte di Matthew ci fu un’ondata di dolore. Veglie a lume di candela si svolsero in tutti gli Stati Uniti, mentre Patterson, che viveva a Denver, stava sui gradini del Campidoglio rivolgendosi alle persone in lutto. E qualcosa cambiò, perché la rabbia si tramutò presto in azione. Anche gli etero cominciarono a chiedersi come potesse esistere un simile odio.

Nelle settimane, nei mesi e negli anni che seguirono, Patterson e Osborn hanno dedicato la loro vita alla difesa della comunità LGBTQ+. Osborn insegna nei college e nelle università di tutto il paese, sensibilizzando sulle questioni LGBTQ+ e parlando di crimini d’odio e violenza. Patterson ha scritto un libro su Matthew, ha condotto il programma radiofonico LGBTQ+ Derek and Romaine per due decenni e ha lavorato come media manager per GLAAD.

“Dire che le nostre vite non sarebbero state le stesse è un eufemismo”. Patterson e Osborn sentivano di dover onorare Matthew, ma anche di dover usare i riflettori nazionali per parlare delle questioni più ampie che devono affrontare le persone LGBTQ+. “Qualcosa di buono doveva venire da qualcosa di così orribile.”

E così fu. Due mesi dopo l’omicidio del figlio, i genitori di Matthew, Judy e Dennis, fondarono la Matthew Shepard Foundation, che rimane attiva ancora oggi, lottando per la parità di diritti e dando alle persone il potere di combattere l’odio. Nel 2009 l’ex presidente Barack Obama ha convertito in legge il Matthew Shepard e James Byrd Jr. Hate Crimes Prevention Act, che consente procedimenti giudiziari a livello federale per crimini basati sull’orientamento sessuale, sul genere, sull’identità di genere e sulla disabilità.

Nel 2000 ha preso forma l’opera The Laramie Project, scritta da Moisés Kaufman e rappresentata nelle scuole, nelle università e nelle comunità migliaia di volte negli ultimi 23 anni. Racconta la storia di come si siano svolti gli eventi dopo la morte di Matthew e di come la comunità si sia unita per combattere l’odio.

È uno strumento davvero educativo parlare dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti: il buono, il cattivo e tutto il resto”. “Induce le persone a fermarsi a guardare le proprie comunità e i propri pregiudizi. Cambia le persone. Credo che questa sia davvero l’eredità duratura di Matthew Shepard“, precisa Patterson, sfiancata dall’ondata di omobitransfobia che negli ultimi anno ha ripreso a soffiare forte in tutti gli States.

“Il tasso di crimini contro le donne transgender, soprattutto le donne di colore, è astronomico”. “Il fatto che non ne parliamo tutti i giorni mi fa impazzire, perché le loro vite contano. Le loro vite sono importanti”.

25 anni dopo il brutale omicidio, Patterson e Osborn vogliono ricordare come fosse il loro caro Matthew, prima che venisse ammazzato.

“Era molto orgoglioso del suo aspetto. Indossava sempre pantaloni color kaki e una camicia blu. Aveva più camicie blu di qualsiasi essere umano che abbia mai incontrato. Aveva questa adorabile faccina gay. Non so come altro dirlo, aveva una bella faccia gay”.

Osborn ricorda Matthew soprattutto per le notti trascorse a lavorare presso l’associazione LGBT dell’università, pianificando eventi come la settimana di sensibilizzazione LGBTQ+. Una volta terminato, i due continuavano a chiacchierare e a ridere nei ristoranti locali per ore.

25 anni dopo quella tragica notte, il ricordo di Matthew Shepard è più vivo che mai. Perché non bisogna dimenticare la sua storia, onde evitare che possa ripetersi.

Fonte: PinkNews

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