IL MEDICO SIEROPOSITIVO

A cosa vanno incontro i lavoratori presso enti pubblici che contraggono l'Hiv e non dichiarano la loro situazione? L'esperto assicura: non c'è discriminazione, ma è meglio parlarne con il datore.

IL MEDICO SIEROPOSITIVO - leo02 09 - Gay.it
2 min. di lettura

Ho letto alcune notizie riguardanti il 14° congresso a Barcellona ma una cosa che non riesco a capire, forse se ne parla poco, e’ questo: ma i sieropositivi che lavorano in enti pubblici e che non dichiarano la loro situazione ad esempio quelli che lavorano nel campo della sanità a cosa vanno incontro? Sono tutelati? Oppure rischiano il licenziamento in quanto irresponsabili? (cosa a cui non credo visto che la società è ancora restia nei loro confronti).

So che ci sono medici e infermieri in questa situazione come comportarsi? Capisco che il problema urgente è scoprire un vaccino e al momento l’unica strada e la prevenzione, ma penso che il diritto a vivere con tranquillità il suo stato d’essere sia anche importante perchè molti si trovano a vivere delle vere tragedie interiori, in quanto non c’e’ chiarezza sull’argomento. Se penso che l’epatite C e’ diventata per molti un fatto quasi normale, senza pensare che poi si muore piu’ per questo che per l’HIV secondo le stime ufficiali o quanto meno c’è stato un incremento delle morti più per epatite che per l’AIDS.

Vi prego chiaritemi un po’ le idee. Nel ringraziarvi in anticipo.

Ivan

Caro Ivan,

la sieropositività non può in alcun modo essere motivo di esclusione dal lavoro. Tanto più oggi, quando, con le attuali medicine, essa configura una sorta di cronicità che però non incide quasi mai sulle capacità lavorative.

Ciò detto, è evidente che vi sono lavori e mansioni nelle quali la condizione di sieropositività potrebbe essere, sia pure lontanamente, motivo di preoccupazione: sia nella sanità (il chirurgo, per esempio) sia in altri reparti in cui il rischio di trauma e di contatto traumatizzante/traumatizzato è più alto (tempo addietro si parlò, non a torto, dei rischi per i calciatori).

Io credo che una corretta deontologia imponga al lavoratore sieropositivo di denunciare la propria condizione ai propri superiori, valutare assieme se la sua posizione sia compatibile con la sua condizione (e 99 volte su 100 certamente lo è) ed infine, eventualmente, accettare uno spostamento verso altre posizioni lavorative meno rischiose. Il tutto, ripeto, dinnanzi a rischi reali e facilmente verificabili.

Un comportamento così lineare e consapevole dei propri diritti in generale dà sicurezza al datore di lavoro o al superiore gerarchico e nello stesso tempo dà tranquillità al lavoratore che, per essere sieropositivo, non deve rinunciare ad una vita, lavorativa e non, piena, appagante e serena.

Cordiali saluti,

Avv.Ezio Menzione

di Ezio Menzione

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