MARCIA D’ORGOGLIO E RABBIA

Il Gay Pride romano di sabato scorso ha chiuso il calendario delle manifestazioni italiane. Proteste contro il Governo e la sua politica anti-europea. Ecco le voci di chi c'era.

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ROMA – In tantissimi ancora una volta per le strade della capitale, migliaia e migliaia di persone che non si vergognano di essere quello che sono. Una festa che vuole essere aggregazione ma anche momento di lotta per rivendicare i diritti di base che devono essere riconosciuti a tutti i cittadini. Il Governo ha da poco recepito la direttiva europea contro le discriminazioni stravolgendola in alcuni punti chiave e la cosa non è piaciuta a nessuno. Il ministro Prestigiacomo minimizza ma le preoccupazioni rimangono. Il messaggio anche politico dell’evento rimane forte. Fabio Marrazzo, dell’ArciGay capitolina: «Ci siamo occupati di questo Pride, incentrato sul diritto di cittadinanza per tutti. Ci siamo concentrati anche su un progetto scuola da presentare insieme all’Agedo e alle altre associazioni GLBT romane e ai gruppi universitari. C’è stato a Roma un convegno a chiusura degli eventi del Pride nel quale abbiamo anche tenuto uno stand per la raccolta firme per il PACS e si è parlato di questo progetto che vorremmo presentare nelle scuole.» Il corteo parte verso le 17 e si snoda per tante vie della città. Francesca, 28 anni, è venuta da Vicenza: «Sono qui perché credo che ogni essere umano abbia il diritto di scegliere come strutturare la propria esistenza, il che vuol dire pari diritti civili e possibilità di avere il proprio legame sentimentale riconosciuto dalla legge». Elisa, giovane romana: «Per molti essere gay è ancora una cosa vissuta come una malattia, qualcosa di sbagliato. Non è così, anche i gay hanno diritto ad essere rispettati.» Interviene il suo ragazzo: «Siamo qui per solidarietà verso una categoria che subisce oppressioni soprattutto a livello ideologico, anche a causa del ruolo che la Chiesa ha in Italia.»

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Nel corteo tra tanti semplici cittadini anche qualche volto riconoscibile: Vladimir Luxuria. «Premesso che deve essere sempre la persona a scegliere se, come e quando dirlo, mi auguro che manifestazioni come questa rendano evidente a tutti che non siamo più quattro gatti, siamo tanti. I tanti artisti italiani “velati” dovrebbero capire che il rivelarsi omosessuale non significa più non vendere più dischi o non essere più riconosciuti come artisti. Leo Gullotta continua ad essere una persona molto stimata da tutti, nonostante si sia dichiarato. Il problema penso rimanga con i manager, con le pro-loco che molto spesso sono legate a chiese e parrocchie, per cui se uno si espone troppo rischia di non fare più certe feste nei paesi. Ma la sincerità è importante: nascondere il proprio orientamento sessuale è comunque ingannare il proprio pubblico».
La signora Ilde guarda divertita la sfilata col marito, sono entrambi di mezza età: «Siamo qui da spettatori. Viviamo in uno Stato laico e ci deve essere libertà per queste manifestazioni, sono divertenti». Attivamente coinvolto nella causa è invece Fabio Croce, che rivendica il proprio ruolo di unico editore maschio gay dichiarato. «Faccio questa attività perché credo sia importante nel campo della cultura diffondere opere che affrontino la tematica omosessuale, dalla saggistica alla narrativa alla poesia, serve anche per portare avanti delle idee. Negli altri paesi c’è forse più adesione a manifestazioni come questa perché, avendo ottenuto qualcosa, c’è più entusiasmo. In Italia siamo più depressi e delusi e stiamo perdendo la voglia di manifestare e questo è sbagliato».
Alcune coppie camminano nel corteo con dei bambini per mano. Annalisa, romana, mi dice che è una festa, è per tutti e sono li per divertirsi. Lamberto, abruzzese, sfila col suo compagno ed i figli da lui avuti in una precedente relazione e spera di poter insegnare loro il valore della tolleranza, del rispetto delle diversità. All’angolo con Via Labicana, stracolma di persone, musica e colori, una signora osserva invece il tutto dal marciapiede, stringendo nervosamente un rosario.
Imma Battaglia partecipa ma non rinuncia a porsi delle domande: «Okay, siamo in piazza, va bene, ma è evidente che questa forma di lotta non può essere l’unica. Il Movimento gay italiano deve fare autocritica ed aver voglia di superare le differenze interne, avendo rispetto per tutte le posizioni. La questione omosessuale deve diventare una questione di maggioranza, ci deve essere un’adesione molto più trasversale, di coinvolgimento. A Roma nella politica di Veltroni c’è una volontà che è assolutamente innovatrice e che cerca di far diventare il problema dei gay un problema generale. Se il 10 per cento della popolazione italiana subisce discriminazioni questo è un fatto che riguarda tutti. Servono strategie serie ed una maggiore progettazione politica.»
Franco Grillini, dei DS, è soddisfatto che tutto si sia svolto tranquillamente (otto sparuti neofascisti di Forza Nuova sono stati subito fermati della forze di polizia) e sottolinea l’importanza di una parata che «arriva a poche ore di distanza dall’approvazione da parte del governo di una bruttissima legge che consente discriminazioni contro le persone omosessuali anziché cancellarle, come diceva la direttiva europea. Le manifestazioni come il Gay Pride sono importantissime perché portano in piazza la visibilità omosessuale: con questa legge il governo vorrebbe ricacciarci indietro ai tempi della clandestinità e della vergogna di se, ecco perché è importante continuare a fare queste nostre manifestazioni, per reagire a questa spinta che cerca di ricacciare indietro il movimento. Questa legge, voluta da Maroni e da Buttiglione, è una minaccia molto concreta nella vita di molti omosessuali. L’approvazione di questa legge spazza via le speranze di chi sperava che questo governo non fosse quello che è: un governo clericale e reazionario che fa delle leggi vergogna. Tra le leggi vergogna c’è anche questa, non solo quelle che servono per tirar fuori d’impaccio il Cavaliere.»
«La manifestazione è andata bene – dice Sergio Lo Giudice, dell’ArciGay – molta gente, considerando che è la manifestazione conclusiva di un ciclo. Fino a pochi anni fa molta più gente viveva nell’invisibilità, il che dimostra che è irreversibile una presa di coscienza da parte di una massa GLBT sempre più consistente che non delega più ad un’avanguardia politica il compito delle rivendicazioni, ma lo fa in prima persona. Il decreto appena approvato contiene una serie di punti per noi inconcepibili, come l’apertura di possibilità di discriminazione nella polizia e nelle forze armate, l’inversione dell’onere della prova, l’inserimento improprio e offensivo di un riferimento alla pedofilia in una legge contro la discriminazione per l’orientamento sessuale.» A piazza Venezia si conclude il corteo col discorso degli organizzatori e appuntamento rivolto a tutti per le prossime manifestazioni a sostegno dei diritti di tutta la comunità GLBT.

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