È stato merito del Comitato organizzatore, dell’Ambasciatore americano a Roma David Thorne e della casa discografica Universal. È il successo di una squadra a tre punte la presenza di Lady Gaga a Roma per la chisura dell’Europride, il prossimo 11 giugno. Come l’artista più ambita del mondo è stata convinta a presenziare al Circo Massimo ce lo racconta Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, protagonista delle trattativa con il management della popstar.
"Avevamo provato a stabilire un dialogo con Lady Gaga qualche mese fa, ma ci sembrava impossibile potesse venire davvero. Era una cosa più grande di noi e le trattative si sono anche interrotte un paio di volte", spiega Patanè a Gay.it. "Poi la svolta. Abbiamo incontrato l’ambasciatore americano a Roma David Thorne per altri motivi, e in quella sede abbiamo raccontato la situazione di abbandono di Europride da parte del mondo politico nazionale. Dovevamo trasferire a Lady Gaga il nostro bisogno di avere in un contesto simile di bucare il muro del silenzio con una testimonial d’eccezione".
È a quel punto che l’ambasciatore Thorne è entrato in gioco con una lettera rivolta direttamente alla popstar. Era necessaria "un’intermediazione politica che andasse oltre rispetto ai contatti con i manager – dice Patanè – e che alla fine è stata risolutiva". Da quella lettera, infatti, "abbiamo visto un’accellerazione incredibile nel dialogo tra le parti coinvolte". Ma qual è stato il contenuto di quella massiva così decisiva? "Abbiamo parlato all’ambasciatore con molta franchezza. Gli abbiamo riportato il quadro delle nostre mozioni esponendo le difficoltà che stavamo vivendo come Europride. Gli abbiamo spiegato la nostra analisi della politica e delle imprese sulle questioni lgbt. La prima ci aveva abbandonato completamente e le aziende, anche quelle che investono senza problemi nei Gay Pride all’Estero, da noi erano in difficoltà. L’attenzione al tema di certe imprese, in pratica, non si stava trasformando in un’attenzione verso l’evento".
E adesso cosa cambierà? "Credo che Europride diventerà una linea di frontiera. E’ venuto il momento per le aziende di avere coraggio. Devono contribuire alla crescita civile del paese esponendosi come fanno nelle altre città europee e americane. La loro vocazione dovrebbe essere quella di rivolgersi ad una comunità che dimostra di essere vitale, e non quella di preoccuparsi di scontentare al parte ultra cattolica del paese con le loro sponsorizzazioni. La paura non paga".
Infine un appello gli artisti italiani: "Anche gli artisti italiani hanno perso l’occasione enorme di fare qualcosa per il loro paese. Gente dello spettacolo, della musica, dello sport, potrebbero davvero fare la differenza se avessero il coraggio di fare coming out. È paradossale che questo coraggio dobbiamo cercarlo all’Estero. Rivolgo un appello perché al prossimo Gay pride italiano ci sia anche un contributo di chi ha ruoli pubblici: guadagnatevi la notorietà anche assumendovi questa responsabilità civile".
di Daniele Nardini
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.