Afghanistan LGBT, repressione, mutilazioni, terrore “Abbandonati, chiediamo aiuto alla comunità lgbt italiana”.

Parla il professor Ahmad Qais Munhazim, che ci riporta i messaggi della comunità LGBT afghana: "C’eravate anche voi. Adesso è compito anche vostro salvare queste persone"

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Afghanistan LGBT
4 min. di lettura

L’Afghanistan LGBT schiacciato dal regime dei talebani chiede aiuto, chiama il mondo, ci invoca di non essere dimenticato, di non lasciare le persone morire sole. “Uccideranno tutti”, ripete in questa intervista esclusiva per Gay.It Ahmad Qais Munhazim, assistente professore di studi globali della Thomas Jefferson University, a East Falls in Philadelphia ed esperto di migrazioni Lgbt+.

Il suo cellulare è un trillo continuo di messaggi che arrivano da un paese naufragato nel terrore. “C’è speranza di svegliarmi domani ma ho paura che qualcuno mi ucciderà stanotte”, scrive una persona transgender. “Un mio amico nella provincia di Lowgar è stato catturato dai talebani e portato in moschea. Gli hanno tagliato parti del corpo, lo hanno smembrato. Anche la famiglia non ha denunciato il fatto perché tutti qui abbiamo paura”, dice Mostafa. È un nuovo giro di vite contro le persone Lgbt+, una recrudescenza di aggressioni e ferocia. “Quando ho lasciato l’Afghanistan mi hanno detto: dammi un altro abbraccio perché al tuo ritorno potrei non più esserci”, racconta Qais che ha lasciato Kabul a fine agosto. Come un monito ci ricorda la missione italiana in Afghanistan con migliaia di soldati inviati a sostegno degli Stati Uniti nell’intervento militare post-11 settembre: “C’eravate anche voi. Adesso è compito anche vostro salvare queste persone”. I nascondigli. La repressione. La doppia vita. E poi la caccia al gay della porta accanto. Le mutilazioni. La paura di svegliarsi una mattina e trovare il cadavere del proprio amato fuori dalla porta. La quotidianità della comunità Lgbt+ è fatta di orrori. Cosa dovremmo fare? Parlargli di principi mentre i talebani li massacrano, voltarci dall’altra parte? Lasciar fare ai francesi e agli inglesi, che ci pensino loro? “La comunità Lgbt+ italiana faccia pressione” è l’appello rivolto dal professor Qais. Nel fondo della sua voce la rabbia di chi vede una comunità (quella internazionale) che ha totalmente rimosso la questione Lgbt+ afghana, protagonista solo per qualche settimana sui quotidiani di mezzo mondo.

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Najib Fazi, intervista di Business Insider qui >

Professor Ahmad Qais Munhazim, qual è oggi la situazione in Afghanistan per la comunità Lgbt+?
Sono intrappolati sotto il regime talebano che li vede come sodomiti e peccatori. La presa improvvisa del potere da parte dei talebani ha gettato questa comunità nel terrore.  Alcuni si nascondono, altri cercano di scappare e poi c’è chi viene interrogato dai talebani. La comunità Lgbt+ afghana è stata abbandonata e tradita da quella internazionale.

Ci può raccontare com’era la vita prima dell’arrivo dei talebani e come sarà adesso
Non certo pacifica. La guerra affonda le radici nella mascolinità e ha sempre negato la libertà per le persone Lgbt+, la loro sicurezza e i diritti. Tuttavia, la nuova generazione di afghani ha avuto modo di socializzare, incontrarsi, guarire insieme. Nel tempo aveva costruito una comunità underground. Adesso, con il ritorno dei talebani e la scomparsa dei social networks, c’è una sensazione di paura che aleggia ovunque. I talebani li uccideranno.

È in stretto contatto con la sua comunità. Cosa le raccontano queste persone, ci sono già vittime?
Sì, sono in contatto con una larghissima parte della comunità Lgbt+ che cerca di scappare ma nessuno è stato in grado di farlo per adesso. Qualche persona trans e queer è stata minacciata dai talebani. Altre sono state denunciate dai propri vicini. Qualcuno sta considerando il suicidio pur di non morire per mano talebana. Uscire dall’Afghanistan è qualcosa che la comunità internazionale ha promesso a questi soggetti vulnerabili. Per adesso li ha abbondonati.  

  Ci ha mostrato i messaggi che le arrivano, tra questi mi ha colpito questo, una persona le scrive: “Essere innamorato è una sensazione bellissima dentro questa guerra orrenda. Qais, mi sono innamorato di qualcuno. È bello svegliarsi, non pensare alla guerra ma attendere il suo messaggio. Ho paura che i talebani uccideranno il mio amore. E allora per cosa mi sveglierò?”
Questo messaggio mi arrivò i primi giorni dalla presa di Kabul da parte dei talebani. Questa persona, che io chiamerò Ashiq, prova un sentimento comune in Afghanistan: innamorarsi e contemporaneamente provare questa sensazione di pericolo e di paura per la morte della persona che ama. Nessuno dovrebbe sentirsi così disperato. Ogni notte vai a dormire con questo pensiero: domani mi svegli e troverò la persona che amo uccisa per mano dei talebani. Ashiq ed io siamo in contatto quotidianamente. Ha paura di incontrare il suo amante fuori. Si parlano al telefono ma con la paura costante di poter essere intercettati. Ogni messaggio, ogni traccia digitale della loro relazione viene prontamente cancellata per questa paura.

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Manifestazione di attivisti LGBT turchi ad Ankara – foto The Guardian

Si parla poco delle persone transgender in Afghanistan
Le persone trans afghane vivono peggio. Una donna trans che conosco mi ha detto che è stata costretta a vestirsi da uomo e farsi ricrescere la barba perché suo padre le ha detto che in caso contrario avrebbe messo tutta la famiglia rischio. La loro vita era già difficile prima dell’arrivo dei talebani. Adesso vivono in costante attesa, aspettano che qualcuno le faccia evacuare, le salvi prima che sia troppo tardi.

Cosa mi può dire delle donne lesbiche
Raccontano gli stessi terrori degli uomini gay, moltiplicati perché sono donne, categoria che i talebani costantemente opprime e punisce.

Professore questa intervista uscirà su una testata italiana. Vuole lanciare un messaggio all’Italia?
Lo Stato italiano deve accogliere le persone Lgbt+ afghane. La loro vita è in pericolo. La politica italiana e i cittadini possono aiutare queste persone a evacuare. Serve la pressione della comunità Lgbt+ italiana. Ricordo che l’Italia è stata alleata delle forze che hanno invaso l’Afghanistan 20 anni fa ed è sua responsabilità proteggere le vite di questi gruppi vulnerabili. Certo, moltissimi governi hanno sostenuto le persone Lgbt+ afghani ma a parole, serve un sostegno tangibile non promesse vuote.  

Le pongo questa ultima domanda: c’è speranza per le persone Lgbt+ afghane nel loro paese? Potranno mai vivere in pace in futuro?
Non nutro nessuna speranza, non c’è alcun futuro per le persone Lgbt+ in quella terra. I talebani hanno preso controllo del paese e sotto il loro dominio e loro regole non ci sarà pace per nessuno, soprattutto per gruppi già ai margini.

 

 

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burg333 23.10.21 - 13:47

Immancabile commento islamofobo di Franzc Dereck. Stai dicendo che in fondo la colpa è loro o nostra perché non ci facciamo carico della tua paura degli islamici. L'islam moderato esiste, la Fallaci poteva tacere anche in quella occasione. Tutti gli islamici che conosci nella tua vita di tutti i giorni e non si sono fatti saltare in aria davanti a te, non ti stanno facendo la guerra nel quartiere, sono potenziali islamici moderati. Apri gli occhi, che magari li hai pure tra i vicini di casa. Il male assoluto è l'ignoranza, guarda un po' nelle tue tasche.

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Franzc Dereck 13.10.21 - 14:47

Bisogna per certo intervenire ! Ma , se si capisse il male assoluto , la barbarie che è l'slam una volta che si impadronisce di una società civile , forse si potrebbero prevenire queste nefaste conseguenze. La giornalista Fallaci almeno una ( la sola) cosa giusta l'ha detto : non esiste l'islam moderato , esiste l'islam . Quello moderato è un'invenzione del politically correct .

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