Salman Mukaev è un ragazzo ceceno di 39 anni, da un anno a questa parte vive in uno stato di terrore a causa della persecuzione, in Cecenia, delle persone LGBTQ+.
Salman in verità non è omosessuale, è sposato con una donna e prima di finire nel vortice delle persecuzioni, ha lavorato in un negozio di abbigliamento come esperto di materie prime.
“Hanno detto che ero gay, io ho spiegato che non capivo di cosa stessero parlando, ma mi avevano già buttato a terra e agganciato dei cavi alle dita. Hanno iniziato a praticare l’elettroshock. Chiunque sia vittima di tortura probabilmente sa che usano una moltitudine di metodi molto elaborati che arrivano fino allo stupro in senso stretto”.
Nel 2020, Salman Mukaev è stato incarcerato e torturato dalla polizia cecena perché sospettato di essere gay. In realtà il suo arresto è stato un escamotage per raggiungere un più alto numero di omosessuali ceceni.
“La missione è stata di registrarmi sul sito web di Meet24 e incontrare uomini gay, per poi denunciarli”, dice Salman.
Dopo 7 giorni di torture, è stato costretto a firmare dei fogli che lo accusavano di deposito illegale di munizioni. Nel mentre, un ufficiale – o presunto tale – dell’FSS (Federal Security Services) lo ha rilasciato a patto di collaborare con la polizia cecena per scovare altri ragazzi omosessuali da consegnare alle loro torture.
Salman non lo ha fatto e ha lasciato la Cecenia lo stesso giorno in cui è stato rilasciato.
Al momento Salman si trova in Armenia, Paese vicino all’Unione Europea pronto ad accoglierlo e a concedergli asilo. Mukaev vorrebbe partire dell’Armenia per raggiungere l’Europa, ma ciò non gli è concesso a causa del finto procedimento penale avviato in Russia.
L’Armenia minaccia di mandare Salman in Russia. Lì sarà consegnato alle forze di sicurezza cecene, il che significa ancora tortura e, potenzialmente, anche esecuzione extragiudiziale. In una situazione simile si sono ritrovati due ragazzi di 20 e 17 anni lo scorso febbraio.
“In questo momento, sono in Armenia e la mia vita è in pericolo, perché è stata intentata una causa contro di me e un avviso di ricerca è stato lanciato contro di me“, dice Salman.
Salman è la prima persona eterosessuale pronta a parlare apertamente delle torture subite in Cecenia a causa del sospetto di omosessualità.
Negli ultimi mesi gli è stato diagnosticato un tumore ai polmoni, che – stando alle sue attuali condizioni – non potrà essere curato.
Dal 2017, grazie alle inchieste della rivista russa indipendente Novaya Gazeta, siamo venuti a conoscenza della persecuzione verso la popolazione lgbtqia+ in Cecenia perpetuate dal Presidente Ramzan Kadyrov. Quest’ultimo, omofobo e autoritario, nonché lacchè di Putin, ha più volte dichiarato che nel suo Paese “non esistono omosessuali“, anche se fonti certe parlano di campi di concentramento per le persone lgbtqia+.
Nel 2019, il britannico The Guardian, citando alcune associazioni LGBTQIA+ russe, ha riferito che, in Cecenia, due persone sono state uccise e quasi 40 portate in galera.
“Mi hanno urlato contro. Uno di loro ha iniziato a prendermi a calci, sono caduto a terra. Un altro poi mi ha picchiato con un bastone, dalla vita in giù, colpendomi fortissimo per circa cinque minuti.Poi mi hanno fatto inginocchiare sul pavimento e hanno messo delle pinze metalicche sui miei pollici. I fili erano agganciati a un dispositivo che rilasciava scosse elettriche, hanno girato la manopola del dispositivo, prima lentamente e poi sempre più velocemente. Ad ogni turno, le mie mani sobbalzavano, con il dolore lancinante che le attraversava. Si sono fermati quando ho detto loro che il mio cuore stava per scoppiare. Hanno tolto le pinze e le mie mani erano così pesanti, erano come morte. Erano tre o cinque poliziotti, non ricordo affatto, ma uno di loro, Maga, aveva un bastone con una maniglia nera. Ordinarono ad Aslanbek, un altro detenuto e me, di alzarci. Cominciarono a umiliarci, verbalmente, usando parole oscene, chiamandoci fro*i, chiedendo quale di noi era attivo, quale passivo, se provassimo piacere dall’avere rapporti sessuali con un uomo. E tutti i detenuti stavano guardando. Ci colpivano sulla testa con i loro bastoni. Poi se ne sono andati, ma altri tre ufficiali entrarono al posto loro. Venivano in gruppo. Si divertivano prendendosi gioco di noi, picchiandoci“,
questa è la dichiarazione di uno dei pochi sopravvissuti alle torture della polizia cecena.
La condizione della popolazione lgbtqia+ in Cecenia, peggiora in maniera esponenziale. Molte associazioni e gruppi non governativi denunciano le torture, i lager e la repressione, ma poco è stato fatto. Su questo territorio aleggia la presenza di Putin che rende, ad oggi, intoccabile la disumana condizione delle persone lgbtqia+.
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