ANCORA UNA RISPOSTA SU EURO ROSA

Prima su 'ControVerso', "i diritti si conquistano, non si comprano". Alessio de Giorgi, direttore di Gay.it, aveva ribattuto. Ora una precisazione di Giovanni Dall'Orto.

ANCORA UNA RISPOSTA SU EURO ROSA - giovannidallorto quaranta - Gay.it
4 min. di lettura

Nella contestazione mossa da Alessio De Giorgi alle opinioni che ho espresso a proposito della teoria del “dollaro rosa”, appaiono due motivi di obiezione. Uno deriva da una mia colpa oggettiva, l’altro invece da una sostanziale, ma normale, differenza d’opinioni. Colgo quindi l’occasione per alcuni chiarimenti.
La mia colpa è doppia, ma intrecciata. Da un lato ho dimenticato di specificare: “esclusi i presenti“. E non per piaggeria, ma perché, come Alessio non ha fatto fatica a ricordarmi citando nomi e marchi, quel poco d’eccezione a quanto stavo dicendo, in Italia, è passato finora in buona parte proprio attraverso Gay.it. Per me la cosa era talmente ovvia, perché sotto gli occhi di tutti, da non meritare d’essere ricordata, ma giustamente Alessio ha sottolineato che dimenticare l’ovvio falsa la prospettiva. Me ne scuso con lui.
L’altra parte di colpa è consistita nel dare per scontato che in Italia si abbiano ben chiari i termini del dibattito americano sul “dollaro rosa” che io stavo contestando. Perché quando io parlo di “investire” nel mondo gay, non intendo affatto parlare banalmente dell’investimento pubblicitario sui mass-media glbt. Che esiste da almeno quindici anni, e senza che il panorama imprenditoriale glbt ne sia stato rivoluzionato.
Io intendevo una cosa ben diversa, cioè quella che intendono negli Usa: non una compagnia telefonica che pubblicizza i suoi servizi sui massmedia gay, bensì una compagnia telefonica che per diversificare investe in, che so, un’agenzia di viaggi gay. O in una sauna gay. O…
Quando io dico una cosa del genere vengo accolto da espressioni di scherno, come se io avessi detto una cretinata: che senso ha che una compagnia telefonica – o un fondo d’investimento – investa in imprese gay? E magari in discoteche e sex shops? Nessuno! È ridicolo il solo fatto di pensarlo!
Concordo sul fatto che sarà (forse) una cretinata. Però questa “cretinata” è la quintessenza della teoria del “dollaro rosa” (che io contestavo): creare imprese che si rivolgono al mondo glbt, garantirne il successo economico, quotarle in borsa, e infine vedere i fondi d’investimento, o le multinazionali, o le vecchiette del Kansas, che ne comprano le azioni, contando sulla loro elevata redditività. Redditività garantita dal fatto che i gay sono ricchi, sono più disposti a spendere… e tutto quanto elencavo nel mio articolo precedente.
Dopodiché, continua il ragionamento dei fautori del “dollaro rosa” (che, mi permetto di ricordare ancora, io stavo contestando e criticando), verificato che le persone omosessuali costituiscono un mercato redditizio come qualsiasi altro, l’ostilità verso il mondo gay e i suoi stili di vita dovrebbe calare (nessuno vuole la chiusura d’imprese le cui azioni gli/le rendono bene!), fino a quando la componente omosessuale della società troverebbe diritto di piena cittadinanza, avendo dimostrato di essere un’utile componente dell’economia nazionale…
Lo ripeto alla nausea: io stavo contestando questa ideologia, e sostenevo che i diritti si conquistano, e non si comprano.
Ciò non toglie che negli Usa esistano già ora imprese gay quotate in Borsa, il che dà a questa visione ideologica una certa credibilità, almeno esteriore.
Ciò non toglie inoltre che ogni volta che io sento parlare di business gay, in Italia, e di “euro rosa“, inciampo sempre unicamente nelle analisi, nella visione, nelle teorie prodotte negli Usa dai e per i sostenitori della tesi del “dollaro rosa”. E ne sono stufo. Questa tesi, io sostenevo nell’articolo contestato da Alessio, in Italia non può funzionare… o se non altro fin qui non ha funzionato.
Questa visione ideologica non tiene infatti conto della realtà specifica italiana. Perché se esistono compagnie telefoniche (o d’altro tipo) disposte a investire su Gay.it, dall’altra parte abbiamo poi compagnie telefoniche che, come denunciò a suo tempo Fabio Canino per Gay.tv (che non riusciva a firmare contratti per servizi che avrebbe pagato) non sono disposte a ricevere “euro rosa“.
Questo fenomeno sbalordisce molti gay, e non solo gay… però è la realtà. Quindi ne va tenuto conto, quando si parla di “economia e gay in Italia”.
Io capisco un’azienda che non vuole pubblicizzare i suoi prodotti sui massmedia gay. Dopo tutto stiamo parlando d’immagine e, giusta o sbagliata che sia, l’immagine ogni azienda se la gestisce come le pare.
Non capisco però, e non sono molti a capire, un’azienda che non vuole ricevere pagamenti da un’altra azienda solo perché contiene il nome “gay” nell’intestazione. Alessio ha ogni diritto ad essere più ottimista di quanto non lo sia io, ma da qui a dire che viviamo già ora nel migliore dei mondi possibili, ce ne corre.
Perché per quanto ottimismo egli dimostri, alla fine restano le cifre: 1200 imprese dirette al mondo glbt in Francia, 100 in Italia, a sostanziale parità di popolazione. Questi sono dati, e non si possono aggirare. Possiamo concentrarci su quanto già è stato realizzato, come fa Alessio nel suo intento d’essere costruttivo e ottimista, oppure, come avevo fatto io nel mio sforzo di essere costruttivo ma critico (la mia rubrica s’intitola “ControVerso” non certo per un caso…), possiamo sottolineare quanto ancora non esiste, pur esistendone già ora le potenzialità.
Ma alla fine il discorso è quello del bicchiere: mezzo vuoto o mezzo pieno? Sia come sia, sicuramente non (ancora) pieno (… né vuoto…).
Insomma, ben volentieri riconosco d’aver fatto torto alla testata che ospitava la mia opinione, tacendo sul fatto che proprio Gay.it è l’eccezione italiana più visibile a quanto stavo dicendo. Ma questo non implica che l’eccezione d’avanguardia costituisca già ora la regola valida per tutti, e men che meno che quanto realizzato fino ad ora in Italia costituisca l’inveramento della teoria del “dollaro rosa” (a mio parere sbagliata) portata avanti in America.
Alessio, a questo riguardo, ha una posizione più sfumata e possibilista della mia. Ma questa differenza rientra nella normale dialettica fra punti di vista differenti, all’interno dello stesso mondo.
E se poi questo dibattito s’estendesse un poco, e iniziassimo una buona volta a discutere tutti di certe parole d’ordine dogmatiche e mai verificate (“i gay sono tutti ricchi e spendono”), ne sarei solo contento.

di Giovanni Dall’Orto

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