Associazioni intersex al fianco di Imane Khelif: “Sciacallaggio mediatico lesivo della dignità della persona”

"Escludere un'atleta sulla base di caratteristiche genetiche o ormonali limita la libertà individuale e il principio di uguaglianza che dovrebbero essere diffusi e tutelati ogni giorno, in ogni sede”

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È esploso a livello globale il (non) caso Imane Khelif alle Olimpiadi di Parigi 2024, alimentato dalle fake news in arrivo dalla Russia e rilanciate dal governo italiano per bocca della bestia salviniana.

La pugile algerina, accusata di essere “un uomo trans”, ha ieri battuto l’atleta azzurra Angela Carini, ritiratasi dopo neanche 50 secondi di match, rianimando le polemiche. Commenti denigratori sono arrivati da J.K. Rowling, Martina Navratilova e Caitlyn Jenner, con Donald Trump che è tornato ad ostentate tutta la sua transfobia annunciando che se dovesse tornare alla Casa Bianca “terrò gli uomini fuori dagli sport femminili”.

Peccato che Imane Khelif non sia un uomo, bensì una donna nata donna che produce ormoni superiori a una ipotetica media femminile.

Da giorni l’atleta algerina è vittima di una menzogna nata in Russia, come rimarcato anche dal CIO con un duro comunicato ufficiale.

Disinformazione voluta, cercata e reiterata che ha suscitato l’indignazione del gruppo di associazioni intersex Forum VCS (AISIA Odv, IntersexEsiste aps, Intersexioni, Genitori e Bimb* Intersex mai più soli) e dell’associazione Certi Diritti, per le quali il caso di Khelif (come quello precedente di Caster Semenya e di tant* altr* atlet*), rappresenta “una pagina molto triste dello sport mondiale che dovrebbe diffondere inclusività, partecipazione e rispetto dell’individuo tra i propri valori fondanti”.

Riteniamo indecorosa la discussione in atto sulla pugile intersex algerina Imane Khelif, al centro della polemica di queste ore per la sua presunta competizione sbilanciata sul ring con Angela Carini. Uno sciacallaggio mediatico e social lesivo della dignità di un’atleta e, in primis, di una persona”, si legge nel comunicato ufficiale, in cui si sottolinea come Imane Khelif sia “una donna intersex” che “ha soddisfatto tutti i requisiti stabiliti dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per partecipare alle competizioni femminili, inclusi quelli sui livelli di testosterone. Ciò significa che, secondo le normative attualmente in vigore, lei era idonea a quel ring. Non altrettanto idonei a commentare la vicenda – invece – molti leoni da tastiera, giornalisti e non. È tristemente paradossale che una condizione come la nostra balzi all’onore delle cronache solo in caso di strumentalizzazioni politiche, quando essa sembra essere un presunto e non dimostrato ’vantaggio’ rispetto al resto della popolazione, mentre – quando si parla dei nostri diritti negati – viene totalmente ridotta al silenzio”.

Le persone intersex, lo ricordiamo, sono nate con variazioni delle caratteristiche del sesso che includono un ampio spettro di condizioni, cromosomiche, fenotipiche e ormonali. La maggior parte di esse sono donne, altre uomini, altre non binarie, ma tutte legittimamente meritevoli di tutela; spesso nel corso della propria vita subiscono decisioni non consensuali, chirurgiche e non, sui propri corpi, con la presunzione di normalizzarli ma con l’unica conseguenza di mutilarli fisicamente, psicologicamente e socialmente. La polemica di oggi aggiunge un’ulteriore violenza che segna ogni componente della nostra comunità. Escludere un’atleta sulla base di caratteristiche genetiche o ormonali limita la libertà individuale e il principio di uguaglianza che dovrebbero essere diffusi e tutelati ogni giorno, in ogni sede”. “Da parte di tutt* noi va la nostra più sincera solidarietà a Imane, al suo diritto alla competizione, al suo impegno ad autodeterminarsi come atleta e come persona, nei margini che le sono consentiti dalle competizioni sportive, e i nostri migliori auguri, speranzos*, anzi, sicur*, che una polemica di questo tipo non fermerà la sua voglia di vincere e le proprie ambizioni, che – per fortuna – sanno superare le peggiori diffamazioni”.

Intersex (l’Intersessualità) è un termine ombrello che può essere reso anche con la locuzione di Variazione delle Caratteristiche del Sesso (VCS), per indicare persone che presentano caratteristiche biologiche innate nei caratteri sessuali che non collimano con la nozione di maschile e femminile più diffusa nella popolazione. Intersex comprende diverse variazioni fisiche che riguardano elementi del corpo considerati “sessuati”, principalmente cromosomi, marker genetici, gonadi, ormoni, organi riproduttivi, genitali, e le caratteristiche somatiche di una persona ossia le caratteristiche secondarie del sesso, come ad esempio barba e peli.

Le persone intersex sono nate con caratteri sessuali che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie del corpo maschile o femminile. Secondo gli esperti, tra lo 0,05% e il 1,7% della popolazione nasce con tratti intersex.

Silvia Camporesi, bioeticista, tra le massime esperte non solo in Italia di scienza ed etica dello sport, professoressa di Sports Ethics & Integrity all’università belga KU Leuven, responsabile del Bioethics & Society Programme al King’s College di Londra e autrice di «Partire (s)vantaggiati. Corpi bionici e atleti geneticamente modificati nello sport», ha sottolineato al Corriere della Sera come “la pugile Imane Khelif è una donna, quindi non vedo problemi alla sua partecipazione a competizioni femminili”. “Ogni persona è diversa da un’altra. Qui poi si tratta di condizioni naturali e produzione endogena, non doping. I vantaggi genetici endogeni vanno bene solo per la categoria maschile, a quanto pare. Ma c’è anche altro, forse… Le donne sottoposte a questi test genetici vengono tutte dal Sud del mondo. Speriamo sia solo un caso. La scienza può aiutare, ma non offre soluzioni. La questione è etica. Lo sport, come la società, deve cercare l’inclusione, non l’esclusione“.

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