Il Brunei si adegua e nel suo nuovo codice penale inserisce delle pene basate dalla sharia, previste per alcuni reati. La popolazione del piccolo stato del sud-est asiatico è in gran parte musulmana (i due terzi lo sono) e dalla settimana prossima saranno soggetti al nuovo codice penale, approvato dopo anni di lavori. Infatti, la modifica del codice era stata annunciata nel 2014, con l’intenzione di inserire appunto le regole e le punizioni corporali indicate nella sharia.
E sono proprio le punizioni corporali a scatenare lo sdegno delle maggiori associazioni per i diritti umani. La punizione per il furto prevede l’amputazione di un piede o di una mano, mentre erano già presenti altre condanne e multe salate per chi consuma alcol e chi non rispetta la preghiera del venerdì. Per gli omosessuali e chi commette adulterio, secondo il Corano, la condanna prevede la morte. Non a caso, in questi due casi si prevede la morte per lapidazione.
Brunei, uno dei Paesi islamici più conservatori
A decidere di basare il proprio codice penale sulla sharia è stato il sultano del Brunei, uno degli uomini più ricchi del mondo. Con un patrimonio di 20 miliardi di dollari, il sultano Haji Hassanal Bolkiah controlla lo Stato dal 1967. E non ha intenzione di riconoscere alcun diritto alla comunità LGBT, anche se non ci sono riferimenti e condanne alle donne lesbiche. Anzi, stando alla legge, i rapporti tra due donne sono considerati legali.
Amnesty International tra tutte le associazioni ha richiesto di “fermare immediatamente” l’applicazione delle nuove sanzioni, che saranno valide dal 3 aprile. L’Ong internazionale che combatte per i diritti umani ha definito le condanne per furti, omosessualità e adulterio come sanzioni profondamente sbagliate, dichiarando che “non dovrebbero nemmeno essere considerati reati, compresi i rapporti consensuali tra adulti dello stesso sesso”. Al momento, il Brunei è uno degli Stati più omofobi esistenti in tutto il Pianeta.
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