Cristina Di Svezia nacque a Stoccolma nel 1626, dal re Gustavo II Adolfo e la regina Maria Eleonora del Brandeburgo. Creò scompiglio già alla nascita, presentandosi in culla piena di peli e con una notevole ipertrofia clitoridea che portò chiunque a pensare fosse ermafrodita. Il padre, tuttavia, colse la palla al balzo per allevarla come un maschio, dichiarando: “Sarà abile perché ci ha già ingannati tutti“.
La prepararono al trono a soli sei anni: a quell’età giocava con i pezzi di piombo per imparare le manovre militari. Iniziò governare nel 1644, e sin dalla sua incoronazione nel 1650, la corte si mobilitò per arrangiare un matrimonio e cronometrare l’erede al trono. Tuttavia, a lei non gliene poteva fregare di meno: “Mi è impossibile sposarmi. Non intendo spiegarne i motivi, si sappia che il matrimonio suscita in me una forte ripugnanza” avrebbe risposto, rifiutando innumerevoli proposte di fidanzamento. Dormiva solo cinque ore a notte, si svegliava presto la mattina, fumava la sua pipa, e si preparava a ricevere a corte gli intellettuali più illustri dell’epoca. Assetata di sapere, incoraggiò con ogni mezzo possibile scienza e letteratura, fondando nel 1645 Post- och Inrikes Tidningar, primo quotidiano svedese (disponibile ancora oggi). La corte con lei diventò un tripudio di menti e stimoli imprevedibili: da Gian Lorenzo Bernini che realizzò un suo busto – dichiarando che la regina se ne intendeva di scultura quasi più di lui – a concerti privati in compagnia dei compositori Scarlatti e Corelli. Le sue attività preferite erano il tiro con l’arco, la caccia, e andare a cavallo. Lettere e testimonianze dichiarano che dimenticava di pettinarsi i capelli, camminava grezza, mangiava, ruttava, e bestemmiava come i soldati più grezzi. “È piccola, grassa e un po’ storta; di solito indossa una giacca viola, la cravatta larga e una parrucca da uomo; è sempre allegra, ha un atteggiamento libero” scrisse nel 1665 il viaggiatore britannico, Edward Brown.
Tuttavia, la vivacità intellettuale cozzava con gli altri doveri: riuscì a scampare la guerra civile, ma non a colmare i numerosi fiaschi finanziari della nazione dopo la Guerra dei Trent’anni, accrescendo l’antipatia generale dei vari dignitari di corte. L’11 Febbraio 1654 prese la decisione che sconvolse chiunque: all’età di 28 anni, rinunciò al trono. C’è chi disse che, in quanto donna, fosse troppo “debole” per adempire ad un compito così importante, ma i fatti dimostrano che alla Regina Cristina interessava ben altro: costantemente restia ai rigidi ruoli femminili, inorridita all’idea di sposarsi e tantomeno di avere figli, la regina maturò l’esigenza di scoprire il mondo e vivere fuori da qualunque etichetta di corte (e non solo). Si tagliò tutti i capelli, mise un’enorme parrucca nera, e andò all’esplorazione dell’Europa.
Il 23 Dicembre 1655 venne accolta a Roma dal Papa Alessandro VII, più che entusiasta all’idea di salvare quella creatura smarrita, e restaurare in lei la fede cattolica. Tuttavia, a Cristina non importava molto di rosari, preghiere, e messe. Se di sposarsi non se ne parlava, l’ex sovrana nel frattempo si dava alla pazza gioia tra innumerevoli amanti, ridendo in faccia all’opinione pubblica: si vocifera avesse avuto una relazione peccaminosa con il cardinale Decio Azzolini, che le rimase affianco per più di trent’anni in una fedele amicizia. Ma il suo più grande amore prende il nome di Ebba Sparre, contessa figlia del consigliere privato Lars Eriksson Sparre. La relazione tra le due era vissuta in totale nonchalance, tanto che quando incontrarono l’ambasciatore inglese Whitelocke, la regina presentò Abba come “compagna di letto”. La soprannominava “Belle”, ma il suo affetto non si fermava all’aspetto estetico: le due continuarono a scriversi lettere anche a distanza d’anni dal trasferimento a Roma, promettendosi amore eterno.
In Francia la definirono una “selvaggia maleducata” mentre gli opuscoli dell’epoca la chiamavano “prostituta, lesbica, e atea“. Una brutta reputazione che la portò per prima a sminuirsi: “Le donne che governano si rendono ridicole in un modo o nell’altro. E io non sono da meno” scrisse nella sua biografia. Tuttavia, questo non la frenò da vivere come pareva a lei, svincolata da qualunque norma o convenzione, troppo indomabile per piegarsi alle aspettative altrui. Morì il 16 Aprile dl 1689, dopo aver vissuto a Roma per più di trent’anni. Riposa ancora oggi nelle Grotte Vaticane, affianco a Matilde di Canossa e Maria Klementyna Sobieska, uniche tre donne sepolte a San Pietro.
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