Tra il 1830 e il 1840, una certa Charlotte Cushman stregava gli spettatori di tutto il mondo, da Abraham Lincoln a Louisa May Alcott. Alle porte del diciannovesimo secolo, Cushman poteva essere considerata la prima celebrità nella storia del teatro americano, sfidando ogni convenzione dell’epoca: sul palco alternava ruoli maschili femminili e maschili, passando dalla Lady Macbeth a Romeo, inebriando ogni interpretazione di una vulnerabilità e genuinità che trascendevano il genere. Tutto questo succedeva durante un periodo storico in cui le donne avevano scarse opzioni lavorative, e salire su un palco non era di certo tra quelle. Ma la storia d’amore tra Cushman e il palcoscenico nacque grazie a suo zio, investitore teatrale, il primo a farle varcare le porte del Tremont Theatre di Boston. Debuttò come cantante, fallendo miseramente. Ma piuttosto che abbattersi, Charlotte si gettò in una sfida ancora più grande a New Orleans: interpretò Lady Macbeth, giovanissima e al primo ruolo come protagonista, stregando la platea.
Attraverso un accurato lavoro di ricerca, tra lettere e materiale d’archivio che le ha impiegato più di dieci anni, l’autrice Tana Wojczuk ha ripercorso la storia di Charlotte Cushman definendola “un’avventura straordinaria ma frammentata”, composta da piccole tracce nascoste, rischiando di farla precipitare nel dimenticatoio come se non fosse mai accaduta. Durante il XIX secolo una celebrità che andava oltre le norme di genere, sopra e fuori il palco, priva di finanziamenti e senza un marito, doveva lavorare il triplo delle altre attrici per sostenersi da sola. Era alta e fisicamente robusta, caratteristiche che le permettevano di calarsi con disinvoltura nei ruoli maschili, con una spontaneità che andava oltre le doti recitative: in un articolo del St.Louis Newspaper, Walt Whitman (che definì Cushman “un genio di elevata grandezza”) scriveva di una ragazza che abbandonava il proprio hotel vestita dalla testa ai piedi come un uomo. Indossare i panni maschili anche fuori dal palco, le conferiva un’aurea e un fascino che ne alimentarono la popolarità e al contempo non le permisero mai di essere accolta con la serietà che meritava: “Era un uomo davvero convincente e attraente sul palco.” spiega Wojczuk in un’intervista per Them Magazine “Sia gli uomini che le donne stravedevano per le sue performance. Era grande parte del suo successo“.
Lady Romeo era queer ancora prima che la parola queer entrasse nel vocabolario quotidiano. Nel libro When Romeo Was a Woman, la biografa Lisa Merrill ripesca dall’archivio della Biblioteca del Congresso di Washington, mille lettere d’amore scambiate tra Cushman e altre donne, incluse parecchie fan innamorate perse di lei. L’omosessualità di Cushman non aveva ancora un nome, ma era esternata alla luce del giorno, nelle pagine di diario dove scriveva di “aver passato la notte insieme ad altre donne” ma anche davanti una madre che la disapprovava fortemente.
La costante “ambiguità” tra maschile e femminile, era più che accolta durante il diciannovesimo secolo, e come specifica Wojczuk, non da una classe elitaria ma dal popolo. “Anche se gli indici di lettura erano piuttosto bassi, il popolo amava Shakespeare” spiega l’autrice al North American Review, specificando che Cushman oltre che una strabiliante performer, era anche molto intelligente: “Gli attori non erano solo un recipiente dei drammaturghi, ma avevano uno spirito critico e Cushman ha aiutato il pubblico americano a comprendere meglio l’ambizione femminile (Lady Macbeth), la mascolinità (Romeo), e anche la prostituzione (Nancy in Oliver Twist).”
Con l’arrivo della Guerra Civile e il moralismo dell’epoca vittoriana, cominciò il declino di Lady Romeo. Il giorno della sua morte i necrologi scrivevano: “È una buona cosa che le donne non dovranno più abbassarsi a interpretare gli uomini sul palco”. I vittoriani la ignorarono e il suo nome sparì da ogni libro di storia. Ma quel giorno decine di migliaia di persone camminarono per strada con una candela in mano, ricordando un nome che il tempo avrebbe rimosso dalla memoria. “C’è un’intera storia di persone che sono venute prima di noi.” spiega Wojczuk: “Solo perché non sono piaciute ad alcuni biografi vittoriani, non significa che non hanno cambiato il mondo. E lei l’ha fatto.”
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