Il governo del Costa Rica ha 18 mesi di tempo per modificare la legge ed eliminare così il divieto per le coppie gay di sposarsi.
Lo ha deciso la Corte Suprema del Paese, la quale ha confermato che il divieto è incostituzionale. Difatti, secondo i giudici del più alto tribunale del Costa Rica, tale divieto è in contrasto con la legge e altamente discriminatorio, e questo obbliga di fatto il governo guidato da Carlos Alvarado ad eliminarlo.
Il presidente Alvarado, di centrosinistra, ha accolto con piacere le indicazioni della Corte Suprema, assicurando che entro il termine previsto le coppie omosessuali potranno sposarsi. “Nessuna persona sarà discriminata per il proprio orientamento sessuale“ ha affermato, dopo la pronuncia della Corte Suprema. Ottimista sulla definizione di un accordo in Parlamento anche Enrique Sanchez, il primo deputato apertamente gay del Paese. Una legge ad hoc per le coppie gay era già prevista, dopo la decisione di qualche mese fa della Corte interamericana dei diritti umani, la quale aveva stabilito che tutti i Paesi sotto la sua giurisdizione avrebbero dovuto legalizzare le nozze gay. L’eliminazione del divieto rafforza l’indicazione della Corte dei diritti umani, con la differenza che ora il governo è obbligato a rimuoverlo. Se non lo farà entro i 18 mesi stabiliti, il divieto decadrà automaticamente.
L’opposizione all’attacco nel Parlamento del Costa Rica
Naturalmente, in Costa Rica ci sono correnti politiche e religiose contrarie ai matrimoni gay. È il caso, ad esempio, della corrente evangelica che appoggia il partito della Restaurazione Nazionale, i cui parlamentari hanno ottenuto 14 seggi su 57 alle ultime elezioni. Questi, guidati da Fabricio Alvarado (ex cantante di una rock band cristiana con lo stesso cognome del presidente ma senza alcuna parentela), si erano già opposti alla decisione della Corte interamericana, assicurando che mai avrebbero permesso le nozze tra persone dello stesso sesso.
Il divieto di sposarsi per le coppie gay deriva da una sentenza del 2006 della Corte Suprema, che aveva seguito le indicazioni contenute nel Codice della Famiglia. All’epoca dell’approvazione, nel 2013, il Parlamento non si era accorto che il testo non definiva solamente l’unione tra uomo e donna (ovvero mancava proprio l’esclusività della coppia formata da persone di sesso opposto), dando il via libera di fatto anche alle unioni civili.
Credits: TC13
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