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DIRITTI GAY: LA LEZIONE DELLA SCANDINAVIA

Un abisso separa l’Italia, dove anche la libertà di manifestare l’Orgoglio Gay cozza con le mille pastoie politiche bizantine improntate alla politica dello struzzo, e dove è ancora aperto il dibattito sul perché i nostri parlamentari non dichiarano la loro omosessualità in pubblico.

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La storia della tutela dei diritti della persona nei Paesi Scandinavi affonda le sue radici nel passato più remoto, già all’atto della costituzione delle prime forme di assemblee parlamentari che non nascono nella civile Grecia come erroneamente si crede, ma nella lontana Islanda agli albori delle civiltà antiche.
Ma ciò che appare più significativo, da un’analisi della storia della tutela dei diritti degli omosessuali nei Paesi Nordici, è il fatto di essersi posto nell’arco degli ultimi quattrocento anni il problema di relazione tra la società ed il mondo omosessuale.
Con la nascita, alla fine del settecento, della Chiesa Luterana Danese, la società si è posta con crescente prepotenza il problema della tutela dei diritti dell’omosessuale. Già a partire dal primo decennio del 1800 sono state abrogate dai Parlamenti dei Paesi Scandinavi, le restrittive leggi che demonizzavano i rapporti fra persone dello stesso sesso e mentre in Europa fervevano i moti di discriminazione nei confronti dei gay, con l’apposizione del famigerato Triangolo Rosa ad opera dei nazisti, in Danimarca e Svezia, nascevano le prime organizzazioni nazionali a tutele delle pari opportunità per gli omosessuali.

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Dal 1950 in poi la differenza con i paesi latini si accentua fino a diventare guida per i movimenti omosessuali degli altri paesi dell’unione Europea. E’ proprio a partire dagli anni ’50 e ’60 che fervono i movimenti culturali gay nella letteratura, arte e televisione, che educheranno il cittadino nordico a considerare il diverso da se non come elemento estraneo ma come fonte di ricchezza e come patrimonio da tenere in alta considerazione, come elemento ulteriore di confronto per la crescita sociale del Paese.
La maturazione dei rapporti tra società e mondo omosessuale conosce la sua definitiva consacrazione nel 1986 con il riconoscimento delle coppie di fatto composte da persone dello stesso sesso che vengono equiparate alle coppie eterosessuali ed ancor di più tre anni dopo quando una legge parlamentare estende il matrimonio civile alle coppie gay.
Sono date storiche che ergono la Scandinavia ed in particolare la Danimarca a punta di diamante del movimento omosessuale mondiale. Dal coraggio di questa nazione hanno preso spunto poi altri Stati europei che hanno rivisto la propria legislazione nazionale, come la Svezia e Norvegia che hanno riconosciuto il matrimonio tra coppie dello stesso sesso nel 1991 o l’Olanda che si è uniformata nel 1994.

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Ma ciò che più colpisce in quest’analisi non è tanto il modello avanzato di legislazione che ha si dato spunto alle altre nazioni con almeno 20 anni di anticipo, quanto il reale impegno di un’intera società nei confronti di una tematica che altri, compresa l’Italia, preferiscono ignorare. Non si può dimenticare che la Direttiva Comunitaria in favore del riconoscimento delle unioni delle coppie omosessuali è stata perorata dai membri danesi ed olandesi dell’Unione nel periodo delle vacanze natalizie del 1997, quando i parlamentari cattolici erano assenti. Ancor meno si può ignorare, per il suo significato politico, l’intervento della Regina Margherita II presso la Commissione Europea, che non voleva riconoscere l’attribuzione degli assegni familiari ad una coppia di dirigenti comunitari, poiché dello stesso sesso.

Il messaggio ci appare chiaro. Non tanto la libertà che si gode in città quali Copenaghen o Amsterdam, dove è normale tutto ed il contrario di tutto, ma il modo di intendere l’omosessualità ci devono invitare a riflettere: il gay non è minoranza da difendere e tutelare quasi fosse animale raro, ma cittadino comune che come tale deve godere le stesse opportunità e libertà sociali di ogni singolo individuo. Un abisso separa l’Italia, dove anche la libertà di manifestare l’Orgoglio Gay cozza con le mille pastoie politiche bizantine improntate alla politica dello struzzo, e dove è ancora aperto il dibattito sul perché i nostri parlamentari non dichiarano la loro omosessualità in pubblico. Il reale nodo da risolvere forse consiste nel rendere chiaro una volta per tutte il nostro diritto ad essere membri effettivi della società senza bisogno di nascondersi o travestirsi da altro.

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