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“E venne il giorno”… in cui Mark Wahlberg sbagliò un film

Il nuovo film dell’autore de “Il sesto senso” Shyamalan è catastrofico di genere e di fatto. Mark Wahlberg è inespressivo come non mai, Zooey Deschanel passa il tempo a fare smorfiacce. Inve(n)dibile

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Catastrofico. Di genere e di fatto. Segnatevi questo titolo ed evitatelo come lo spam su Internet, si tratta davvero della bufala del mese: E venne il giorno di M. Night Shyamalan, regista del rimarchevole Il sesto senso ma in caduta libera dopo la pretenziosa fiabetta new age Lady in the Water che già aveva fatto subdorare una sospetta sopravvalutazione. Ossessionato dal sovrannaturale in chiave apocalittica e dall’urgenza di riportare in primo piano le tematiche ambientali, l’indoamericano Shyamalan torna sull’argomento descrivendo l’effetto di una misteriosa tossina che si diffonde da Central Park e porta al suicidio istantaneo chi ne è colpito (nei modi più bizzarri: autopugnalazione con spillone da chignon, tuffo da un ponteggio, rivoltellate a catena). Un insegnante di scienze naturali di Philadelphia, Elliot Moore, cerca di fuggire verso la Pennsylvania insieme alla moglie Alma, al collega Julian, docente di matematica, e sua figlia di otto anni Jess, senza sapere che la tossina viene generata proprio nelle zone ad alta densità vegetativa.

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La premessa non era malvagia: ribaltare la tesi del precedente The Village, in cui una microsocietà controllata in uno spazio ristretto era minacciata dall’esterno, per generare al contrario tensione e minaccia proprio dall’assetto agorafobico della situazione in cui il nemico diventa l’ambiente stesso nella sua globalità. Peccato che il ritmo latiti pesantemente, che all’idea di partenza non segua una sceneggiatura strutturata, che alcune scene siano ridicole (la casa col cibo finto dove finiscono i protagonisti, la pazza farneticante che si schianta contro i vetri di casa come in Tenebre, il prefinale familista) e i dialoghi siano tra i più inascoltabili degli ultimi anni: in particolare la tiritera della mogliettina che si sente in colpa per aver mangiato un tiramisù con un corteggiatore è semplicemente terrificante. «Novanta minuti di paranoia: così rispondevo a chi mi chiedeva su cosa stessi lavorando» ha dichiarato il regista. Peccato che si salti sulla sedia una volta sola, all’apparizione di una bambola di porcellana.

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La protagonista Zooey Deschanel passa il tempo a strabuzzare gli occhi, a fare smorfiacce, a insistere con espressioni corrucciate: tremenda. Lui è il bellone Mark Wahlberg, un passato violento – finì in carcere a sedici anni per aver picchiato due turisti vietnamiti – e varie accuse di omofobia, rinato come rapper, modello e quindi al cinema grazie al personaggio cardine del pornoattore superdotato in Boogie Nights ma soprattutto agli ultimi ruoli da bad boy che aveva azzeccato in pieno e sembravano cuciti su di lui: dalla nomination all’Oscar per The Departed di Scorsese agli intensi I padroni della notte e Shooter. Tra l’altro ha appena annunciato che sposerà tra breve la compagna Rhea Durham con la quale ha avuto due figli.

Qui la credibilità di Wahlberg come professore è pressoché nulla, per tutto il film vaga imbambolato con un’espressione costantemente inebetita, mai si era visto così spaesato e "fuori zona". Certo, chi va pazzo per lui se lo potrà gustare – vestitissimo – in una caterva di primi e primissimi piani ma proprio Wahlberg è una delle massime delusioni di questo clamoroso tonfo. Una curiosità per feticisti: sapevate che Wahlberg ha tre capezzoli?

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