I violenti arresti di Varsavia dello scorso fine settimana, con 50 persone picchiate e portate dietro le sbarre solo e soltanto per essere scese in piazza in difesa dei diritti LGBT, sono nati nel pieno di una manifestazione spontanea ideata per chiedere a gran voce la liberazione di Margot Szutowicz, attivista LGBT da giorni in detenzione preventiva.
Per questo motivo sui social è nata una campagna ad hoc, #FreeMargot, per provare a mobilitare il web, nella speranza che il governo polacco guidato dall’omofobo presidente Duda, fresco di rielezione, si scuota dall’omotransfobia che da anni lo caratterizza.
Margot era già stata arrestata a fine luglio per aver issato bandiere rainbow e bandane rosa sul Cristo davanti alla chiesa della Santa Croce e su alcune statue di Varsavia. Le autorità hanno accusato lei e altre attiviste di aver “insultato i sentimenti religiosi e i monumenti di Varsavia“. Rilasciata, è stata poi raggiunta dall’avviso di carcerazione preventiva di due mesi per aver danneggiato a fine giugno un furgone di un’organizzazione pro-life dopo aver spinto il conducente. Nel giorno del suo arresto sono scoppiati i disordini tra la polizia e i pacifici manifestanti, nel cuore di Varsavia. Ne hanno arrestati 48, compreso un italiano. Un rapporto del commissario polacco ha confessato come molte persone siano state interrogate di notte, senza alcun tipo di assistenza legale, cibo o bevande, e che diversi detenuti hanno riportato ferite a causa della brutalità della polizia. Da giorni non si sa nulla del destino di Margot Szutowicz, che rischia una folle condanna a sette anni di reclusione.
© Riproduzione Riservata