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Giorno della Memoria: ricordiamo l’Omocausto con la storia di Karl Gorath

Una doppia vittima, prima del nazismo, poi della società.

3 min. di lettura
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Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria, per ricordare le vittime della follia nazi-fascista, che condannò milioni di persone a una morte atroce. Come si sa, non erano solo gli ebrei le vittime. Anche i Rom, gli zingari, i dissidenti politici, i testimoni di Geova e gli omosessuali erano considerati esseri inferiori, non degni di vivere, se non per lavorare nei campi di concentramento o per essere usati come cavie per gli esperimenti dei medici tedeschi. Per quanto riguarda il mondo LGBT, il 27 gennaio si ricorda l’Omocausto. E scopriremo la storia di Karl Gorath.

Un protagonista di quegli anni, durante i quali la sua vita di omosessuale cambiò radicalmente.

Karl Gorath: la vita di un omosessuale ad Auschwitz

Giorno della Memoria: ricordiamo l'Omocausto con la storia di Karl Gorath - gorath - Gay.it

Karl Gorath nasce il 12 dicembre 1912 a Bad Zwischenahn (Brema), in Germania. Prima del 1933, anche se i rapporti tra persone dello stesso sesso erano illegali secondo il Paragrafo 175, una persona omosessuale poteva vivere la sua vita senza particolari problemi. Con l’introduzione delle leggi razziali, però, questo non fu più possibile.

Difatti, l’ascesa del nazismo in Germania portò nel giro di pochi anni una limitazione delle libertà, e soprattutto l’applicazione del paragrafo dedicato proprio ai membri della comunità LGBT. Karl Gorath fu uno di quelli che andò a processo secondo tale legge, dopo essere stato denunciato da un uomo con cui aveva avuto una storia. Era il 1938.

Karl Gorath aveva solo 26 anni quando venne portato nel campo di Neuengamme. Il triangolo rosa cucito al petto lo classificava come prigioniero omosessuale. Poco dopo, dal campo di concentramento venne inviato in un ospedale, poiché infermiere. Scoperto dalle SS mentre aiutava dei prigionieri russi, venne quindi inviato ad Auschwitz. In tutta la sua sfortuna, ebbe un barlume di buona sorte, venendo identificato come prigioniero politico anziché omosessuale. E quindi venne internato con un diverso colore del triangolo. Ovvero quello rosso. Solo così riuscì a scampare agli esperimenti dei medici tedeschi, che “usavano” i prigionieri gay per fare ogni genere di esperimento, in particolare per trovare una cura per l’omosessualità.

Nel 1945 venne nuovamente trasferito, a Mauthausen. La sua permanenza durò poco. La guerra era ormai conclusa, e i tedeschi liberarono lui e gli altri prigionieri prima di fuggire.

Uomo libero e vittima, ma pur sempre gay

In fin di vita, Karl Gorath venne salvato in extremis, e si riprese completamente. Ma in Germania, era pur sempre un omosessuale. E finì nuovamente davanti a un giudice, secondo il Paragrafo 175. Era il 1947, e venne condannato a 5 anni di prigione.

Uscì di cella a 40 anni, dopo 7 anni in un campo di concentramento e altri 5 in prigione.

Per la società civile, visto il suo status, era un criminale, un ex galeotto. Solo per il suo orientamento sessuale. Per questo venne escluso e discriminato. Non gli venne riconosciuto il sussidio per i sopravvissuti ai campi di concentramento, perché inizialmente non si sapeva che all’interno dei campi non c’erano solamente ebrei. Per la sua fedina penale, non aveva diritto nemmeno alla disoccupazione e alla pensione.

Una doppia vittima, prima del nazismo, poi di una società ancorata al passato. Per le pene subite negli anni da prigioniero, gli vennero finalmente riconosciuti 500 marchi solo nel 1989. Karl Gorath morì nel 2001. A 91 anni.

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3 thoughts on “Giorno della Memoria: ricordiamo l’Omocausto con la storia di Karl Gorath

  1. Purtroppo le vittime iniziarono a parlare dopo molto tempo dalla fine della guerra, comprensibilmente non avevano voglia di ricordare cosa avevano subito. Gli omosessuali sono stati, per così dire, gli ultimi fra gli ultimi, perchè nessuno voleva riconoscere agli omosessuali la stessa “dignità” di vittima riconosciuata ad es. a ebrei e avversari politici dei nazisti, e gli stessi omosessuali, per non esporsi ad ulteriori discriminazioni, tacquero ancora più a lungo delle altre vittime e cmq non era facile trovare qualcuno che fosse disposto a dare risalto mediatico alle loro storie.
    Dovremmo fare di tutto per portare alla luce il maggior numero possibile di vicende come questa, la memoria è importantissima.

  2. Vorrei segnalare il fatto che, dopo Massimo Consoli, c’è un altro libro in Italia che si occupa dell’argomento, il mio. “Paragrafo 175 – La memoria corta del 27 gennaio”. Questo libro, pubblicato a Lucca nel 2016 dalla casa editrice TraleRighe libri, è stato ampliato l’anno scorso, e rappresenta il frutto di un lungo lavoro che mi ha visto da più dieci anni presente nelle scuole di Lucca e provincia per parlare e informare gli studenti su quello che è avvenuto durante il Terzo Reich. Sono a disposizione per qualsiasi delucidazione. Marco Vignolo Gargini

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