IL CINEMA E LA TV DI ROSE TROCHE

Butch convinta dal look informale e vistoso tatuaggio, l'autrice del leggendario "Go Fish", Rose Troche, ci racconta la sua esperienza di regista lesbica "convertita" alla televisione.

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Rose Troche è probabilmente la regista lesbica più influente e significativa del cinema indipendente americano. Autrice del memorabile Go Fish, film cult sperimentale che rivoluzionò il New Queer Cinema e stimolò un’intera generazione alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi, diresse poi la spassosa commedia gay Camere e corridoi e l’intenso dramma corale La sicurezza degli oggetti per arrivare infine al successo di pubblico grazie alla tv, con la regia di un episodio di Six Feet Under e soprattutto di The L Word. All’ultimo Togay l’abbiamo vista nelle insolite vesti di giurata. Butch convinta dal look informale, un vistoso tatuaggio stilizzato sul braccio destro, Rose è una persona estremamente affabile e comunicativa.
Innanzitutto, come si pronuncia il tuo cognome?
‘Tròsce’, è un nome di origini portoricane.
Mi racconti la genesi del tuo primo film, ‘Go Fish’, che è diventata una sorta di manifesto del cinema sperimentale queer?
Già quando ero alla scuola di cinema ero molto interessata alle opere sperimentali. Mi venne l’idea di fare un film che mescolava documentario e fiction, bianco e nero e colore. Rimasi molto colpita da Poison di Todd Haynes, che trovai straordinario e lirico: sono tre episodi alternati in cui si mescolano finto documentario, horror in bianco e nero e dramma. Quando conobbi la produttrice del film, Christine Vachon, lei mi disse: devi fare un film così. Girai in 16mm, nemmeno in Super16, per poi gonfiarlo in 35. Non è stato facile.
Come hai messo insieme il cast?
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Come hai messo insieme il cast?

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Ho utilizzato ragazze con le quali ero cresciuta: dalle compagne di stanza alle vicine di casa. Organizzammo feste per trovare soldi.
Come mai ebbe così tanto successo, secondo te?
Fu davvero un film che andò oltre i festival gay/lesbici e rese felici tutti. E credo che ‘Go Fish’ ispirò molti autori che si resero conto che era possibile girare un film in fretta, in digitale e avere successo. È raro che un film indipendente così economico, alla fine costato non più di 150.000 dollari, diventi così popolare.
Dopo ‘Go Fish’ girasti ‘Camere e corridoi’, una scanzonata commedia ambientata nel mondo gay… Il pubblico lesbico rimase deluso per il fatto che la tua opera seconda non parlava di donne?
In effetti sì, molte donne furono molto arrabbiate e si allontanarono da me perché avevo scelto di parlare di maschi gay ma, al contrario, fui accolta con affetto dagli omosessuali. Per me fu un modo per immergermi in un mondo e in una sensibilità non così diversa da quella lesbica, secondo me. I personaggi non li ho scritti io, comunque (ma Robert Farrar, ndr).
Io ho amato in modo particolare il tuo film successivo, il profondo ‘La sicurezza degli oggetti’. Com’è stato dirigere due star come Glenn Close e Dermot Mulroney?
Indubbiamente mi ha colpito la loro professionalità. Glenn Close, in particolare, è una delle più grandi attrici della sua generazione. È stato un privilegio lavorare con lei. Quando è sul set si lascia completamente nelle mani del regista, si impegna nel plasmare il personaggio insieme a chi la dirige. Si è creato un rapporto molto forte. Non c’era bisogno di fare molti ciak.
Come mai, dopo questo film, ti sei dedicata alla televisione?
Mi resi conto che è più facile girare in televisione. Ci sono più soldi, più mezzi tecnici, insomma, più libertà. E poi si lavora molto più in fretta. Dopo aver girato un episodio di ‘Six Feet Under’ mi sono dedicata a ‘The L Word’ ed allora è arrivata la celebrità. È pazzesco il potere della televisione di entrare nelle case e nel cuore della gente. Il pubblico mi conosce molto di più ora solo grazie a ‘The L Word’.
Tornerai al cinema?
Sì, mi sto dedicando a un nuovo progetto cinematografico, la storia del rapporto tra una madre e una figlia che è stata data in adozione. Inizierò la preproduzione in autunno. Racconta della terapia analitica a cui si sottopone la ragazza per cercare di risolvere alcuni nodi irrisolti del suo passato. Diciamo che la storia è etero ma ci sarà molta tensione sessuale…
Il tuo cinema preferito?
Quello europeo. Ma adoro anche Altman, Spielberg e Lynch.
Tu non hai problemi nel parlare della tua vita sentimentale… Come conoscesti la tua fidanzata storica, Guinevère Turner?
Ci conoscemmo nel 1992 e collaborammo per fare ‘Go Fish’. Durante la realizzazione del film ci lasciammo ma il problema fu che giravamo nel nostro appartamento e lei voleva portare via le sue cose che facevano parte della scenografia!
Sei fidanzata, adesso?
No, esco da una relazione di quattro anni.
È più difficile lavorare per una regista dichiaratamente lesbica?
Sì, credo di sì. Se fossi una donna etero sarebbe più facile, secondo me. L’industria cinematografica è molto maschilista, ci sono ancora molti pregiudizi ed è diffusa l’omofobia. Molte persone non vogliono lavorare con registi apertamente omosessuali. Per una donna lesbica è forse ancora più difficile: il mondo del cinema assomiglia a un circolo per soli maschi!
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