IL MIO TRANS È COME UN ANGELO

Un regista emergente, un film originale. Da afferrare al volo 'Anime veloci' di Pasquale Marrazzo, dramma poliziesco con un protagonista trans.

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Memorizzate questo nome, ne risentiremo parlare presto: Pasquale Marrazzo. È un regista emergente napoletano che si divide tra la capitale campana e Milano. Di lui era uscito in sordina Asuddelsole, vincitore dell’Ovidio d’Argento a Sulmona, apprezzato da buona parte della critica e definito da Roberto Silvestri «uno dei migliori film italiani del 2001». Esce oggi a Napoli e la prossima settimana a Roma, Milano e Torino un suo film del 2003, Anime veloci, un curioso dramma poliziesco in cui si intrecciano una spy story su un’ex detenuta politica che scopre dai dossier della Stasi allarmanti verità su chi l’aveva fatta pedinare e una storia d’amore tra un travestito e uno strano individuo dal passato pieno di ombre.
Come nasce il progetto di Anime veloci e come mai hai scelto questo titolo?

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Nasce dall’idea di raccontare il tradimento e portarlo all’estremo. Francesca è una trans particolare, tradita in tutti i sensi: nel suo intimo, nel suo essere, abbandonata anche dalla sua famiglia. Le anime sono veloci perché scappano via dal loro mondo, dalla loro esistenza.
Il tuo è un film indipendente. Immagino che avrai incontrato non poche difficoltà per realizzare un buon prodotto con una confezione molto curata…
Il cinema italiano ha tante miserabilità. Ho dovuto fare molte scelte: ho girato in meno di sei settimane, è stato un delirio universale, soprattutto trasportare la troupe in Germania. Una volta ottenuti i finanziamenti dell’articolo 8 si è materializzato un mondo di sciacalli che mi hanno promesso mari e monti. Alla fine è costato un milione e centomila euro grazie anche al contributo di Sky.
Hai anche fondato una tua casa di distribuzione, la ‘Pink Movie’. Di che si tratta?
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Hai anche fondato una tua casa di distribuzione, la ‘Pink Movie’. Di che si tratta?

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È una casa di distribuzione che vuol far conoscere un cinema diverso, ma non necessariamente gay. Un cinema di qualità e d’autore che sia d’impatto per il pubblico ma senza intellettualismi a tutti i costi.
Il personaggio di Francesca sembra molto un angelo wendersiano, a disagio nel quotidiano ma proiettato in una dimensione spirituale…
Io sono stato fortemente influenzato da Wenders, ho discusso una tesi su di lui. Gli angeli fanno in modo che il mondo diventi più bello e accettabile. Credo che i trans siano un po’ angeli, né maschi né femmine, sospesi. Forse non verranno mai accettati in tutto e spesso restano un punto interrogativo anche per se stessi oltre che per il mondo. Se poi hanno un animo raffinato mancano davvero solo le ali. Credo che ci sia comunque sempre un dolore di fondo nell’accettazione di queste persone.
Come mai, secondo te, c’è molta attenzione da parte del cinema contemporaneo nei confronti dei trans?
C’è sempre quest’idea del gioco quando si parla di trans, ma io non riesco a vedere questo argomento in termini comici come invece spesso viene trattato. Ma devo ancora vedere ‘Transamerica’, me ne han parlato molto bene.
Gli attori che hai scelto, in particolare Giovanni Bignola e Elisabetta D’Arco, sono molto espressivi. Come li hai trovati?
Li conosco da quando erano ragazzini e facevano i commessi in un negozio. Li considero un mio prolungamento, mi sento a mio agio con loro. Sono due grandi talenti. Brignola ha fatto una trasformazione notevole da ‘Asuddelsole’ di cui è protagonista insieme ad Elisabetta. Non mi piacciono gli attori borghesi.

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E come hai coinvolto Arnoldo Foà?
Mi ha voluto conoscere a Roma quando gli ho proposto la sceneggiatura che gli è piaciuta molto. È una persona simpaticissima che, nonostante la sua esperienza, si è lasciato dirigere con molta umiltà.
Il tuo è un film difficilmente catalogabile: non è solo un film gay, né un dramma poliziesco o un melò… A quale pubblico ti rivolgi?
È un film che piace tantissimo alle donne, meno agli uomini che hanno un tipo di razionalità diverso. E spero che piacerà anche agli omosessuali!
Avevi già trattato la tematica gay nei tuoi film precedenti, ‘Asuddelsole’ e in particolare ‘Malemare’ in cui compare Enzo Moscato?
No, ma quando affronto la questione non mi pongo mai il ‘problema’ del personaggio omosessuale. È un concetto preesistente, credo che finché si parlerà di ‘questione gay’ non ci sarà mai veramente accettazione.
Come mai è girato a Berlino?
Volevo girare fuori dall’Italia. La Germania è un paese che mi ha sempre intrigato per la sua storia singolare.
Progetti in corso?
Sto lavorando a due progetti: una vera e propria storia gay su una piccola comunità omosessuale di napoletani trasferita a Milano. È basata su fatti realmente avvenuti che mi hanno colpito. La finanzierò insieme a tre produttori indipendenti. Sarà una commedia, una specie di sceneggiata napoletana. In un’altra sceneggiatura tratto di due assassini che iniziano a uccidere all’età di 14 anni. Anch’essa è ispirata a una storia vera.
Sei affascinato dalle storie marginali?
Il film è idealità, mi piace raccontare personaggi che non rispondano esattamente al quotidiano ma a un mondo ideale. E sono molto affascinato dal senso del tragico.
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