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Il viaggio di (m)0rpheus: tra opera lirica e transessualità

Il riadattamento di Sebastiano Bazzichetto e il compositore Milen Apostolov è la prima opera lirica in Italia a parlare di transessualità.

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Il viaggio di (m)0rpheus: tra opera lirica e transessualità

Una figura maschile esce da un bar di città. Si volta indietro, incrocia una figura femminile preoccupata che il proprio abito troppo corto possa attirare sguardi indiscreti. Queste due figure sono Orfeo e Euridice: nel mito, lui si gira per guardarla un’ultima volta, perdendola per sempre nell’al di là.

Ma in (m)0rpheus, riadattamento in chiave lirica del librettista Sebastiano Bazzichetto e il compositore Milen Apostolov (nominato ben tre volte, e vincitore nel 2020, del premio Icarus per composizioni e musiche originali), Euridice e Orfeo sono la stessa persona in due forme diverse, prima e dopo. Lo spettacolo in arrivo sul palco il prossimo 2 Aprile a Verona presso l’ex chiesa di San Pietro in Monastero, è la prima opera lirica italiana contemporanea a parlare di transessualità. Un’urgenza di Bazzichetto, da sempre concentrato sulle infinite sfumature del mondo queer, che ha notato come l’argomento sia poco collocato nell’ambiente lirico, ancor più quello italiano.

Il viaggio di (m)0rpheus: tra opera lirica e transessualità
Libretto di Orfeo e Euridice scritto da Christoph Willibald Gluck, 1762

Il progetto di Bazzichetto e Apostolov è frutto di una ricerca nella comunità trans dal Nord America all’Europa: i due hanno composto il libretto ripercorrendo le dichiarazioni, storie, e punti di vista di persone transgender nel mondo cercando di cogliere il viaggio emotivo e di scoperta delle loro identità. Attraverso musica e parole, (m)0rpheus ripercorre il percorso di transizione, catturando le sfumature di un’esperienza che non ha tempo (la “o” nel titolo diventa uno zero, che non ha collocazione in nessun’epoca), proprio come Le Metamorfosi di Ovidio.

Il mito di Euridice e Orfeo che ha ispirato romanzi e riadattamenti – da Orlando di Virginia Woolf (romanzo che ripercorre la storia di una figura che trascende genere e tempo, cambiando genere di epoca in epoca) a Self di Yann Martel (storia di una scrittore che una mattina si sveglia e si accorge di essere diventato una donna) – in (m)0rpheus trova nuova vita attraverso due voci: quella maschile (baritono) e l’altra femminile (mezzosoprano) in un ensemble di musica classica e barocca, che – come l’identità di genere – parte da una forma originale per lasciare alle due voci la possibilità di esprimersi in più forme.

Nella terza e ultima scena di (m)0rpheus, capiamo che Orfeo è la nuova forma di Euridice. Se nel mito di Ovidio voltarsi indietro era dettato dall’avventatezza e l’imprudenza, nel nuovo riadattamento è un atto di autodeterminazione: Orfeo guarda un’ultima volta la forma precedente, per dire addio a Euridice, e accogliere l’essenza maschile.

Anche la scenografia in (m)0rpheus converge in due energie: nello spazio suggestivo dell’ex chiesa di San Pietro, la semplicità dell’arredo incontra giochi di luce e video installazioni, con l’obiettivo di fornire una nuova visione anche del genere operistico nell’epoca odierna.

Il viaggio di (m)0rpheus: tra opera lirica e transessualità
Una scena dall’atto terzo di Orfeo e Euridice di Emma Martin, presso l’Irish National Opera (2019)

 

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