Intervista a Khalid Abdel-Hadi, fondatore del magazine LGBT My.Kali: “Ecco com’è essere gay in Giordania”

Secondo la stampa internazionale l'e-zine era stato "attaccato e minacciato di morte". In realtà, abbiamo scoperto che molte delle informazioni diffuse erano state mistificate. Ecco la verità.

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Alcune settimane fa abbiamo parlato di My.Kali, un e-zine indipendente con sede in Giordania, che era stato secondo la stampa internazionale “attaccato e minacciato di morte” dalla stessa Commissione sull’editoria del Paese (qui il nostro articolo >). In realtà, andando più a fondo sulla questione, abbiamo scoperto che molte delle informazioni diffuse erano state mistificate e strumentalizzate a fini sensazionalistici: il magazine non è nemmeno una pubblicazione editoriale ufficiale e i dati “falsati” sono stati diffusi in primis da un sito arabo indipendente, che aveva intervistato i ragazzi. Ho quindi contattato Khalid Abdel-Hadi, uno dei fondatori dello zine, che ci ha finalmente chiarito la questione e spiegato com’è essere omosessuali in Giordania.

In questi giorni i media internazionali stanno parlando molto del vostro magazine e degli attacchi che avete ricevuto dopo la pubblicazione del primo numero in arabo. Cos’è successo veramente?

Ho rilasciato un’intervista a ‘Raseef 22’, un sito arabo indipendente, in cui ho parlato del del nostro lancio bilingue e dell’importanza del linguaggio e della comunicazione per la comunità LGBT mediorientale e nordafricana. L’intervista è stata decontestualizzata e strumentalizzata per accusare My.Kali di minare la tradizione e la cultura della società della Giordania e di voler diffondere l’omosessualità. Il media è arrivato al punto di affermare che il magazine è sponsorizzato dai governi stranieri e che si attiene a degli obiettivi occidentali, il che va completamente contro l’identità di My.Kali e la stesso motivo per cui esiste. Come se non bastasse, il sito non ha riportato la nostra copertina araba, ma ha scelto invece di mostrare come copertina una mia foto del 2009 con toni sensazionalistici e omofobici per provocare e incitare il pubblico. Diversamente da ciò che il media ha mostrato, l’intenzione era quella di trasmettere un senso di appartenenza e orgoglio nella comunità giordana.

Una foto pubblicata da My.Kali Magazine (@mykali) in data:

Hai scritto sulla tua pagina Facebook che alcune delle informazioni diffuse dai media non sono vere. Puoi dirci quali?

È stato fatto un grande miscuglio di cose dai media internazionali, che hanno cominciato a dire che il magazine e io abbiamo ricevuto minacce di morte. In realtà, alcuni commenti aggressivi postati sui social sono stati esagerati in titoli estremi. Li abbiamo scoperti solo quando i nostri lettori e i nostri follower hanno cominciato a mandarci messaggi dopo aver letto questi titoli, che sono diventati virali. Abbiamo immediatamente postato una dichiarazione per correggere la informazioni scorrette. Né il magazine né io abbiamo ricevuto minacce del genere, altrimenti la situazione sarebbe stata gestita diversamente. Ci sono state anche voci che dicevano che My.Kali è una pubblicazione autorizzata e registrata, ma abbiamo affrontato questo punto nella nostra prima dichiarazione.

Ecco la dichiarazione (la traduzione in inglese è in basso):

(Statement in English below)

تعليقا للتغطية الإعلامية الخاصة التي حظي بها الاصدار الأول لمجلة #ماي_كالي باللغة العربية،…

Pubblicato da MyKali Magazine su Venerdì 15 luglio 2016

Lo scopo del vostro magazine online è quello di rappresentare “un insieme mutevole di giovani etero e LGBTQIA arabi e nordafricani interessati nel dare voce a realtà emarginare con una piattaforma con cui possano esprimere i loro temi, interessi e la loro creatività”. Avete ricevuto aiuti dalle istituzioni, dalle organizzazioni no profit o dai media?

Una delle cose migliori di My.Kali è che è sopravvissuto negli ultimi nove anni senza aver budget, il che significa che il nostro lavoro è completamente supportato e sviluppato da un appassionato gruppo di volontari che dedicano il loro tempo e il loro talento al magazine senza essere pagati. Come entità pubblica che dà visibilità a gruppi emarginati, inclusa la comunità LGBT, spesso siamo contattati da persone che hanno bisogno di assistenza e di supporto, perciò oltre a essere un magazine noi facciamo anche da intermediari tra le persone e le varie organizzazioni che possono attivamente essere d’aiuto.

 Com’è essere una voce anticonformista in Giordania? Avete mai avuto problemi in passato pubblicando in inglese?

È sempre eccitante riflettere sulle questioni sociali in modo creativo, ma il nostro lavoro spesso è visto come controverso semplicemente perché cerchiamo di abbattere stereotipi e costrizioni. Spesso abbiamo a che fare con critiche non oggettive che ci arrivano da parte di media che vivono di clickbaiting e sensazionalismo.

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Qui e in copertina, foto di Abdullah Dajani.

Tu o qualcuno dei tuoi collaboratori siete mai stati vittima di attacchi omofobici o minacce da parte dei conservatori? 

Io penso che siamo tutti vittma dell’omofobia, in qualche modo. Quando ero all’università, mi ricordo di persone che andavano in rete e a cercare le mie foto e se le passavano. A un certo punto, le persone sono venute a cercarmi nella mia facoltà. Non so perché, ma sicuramente non volevano offrirmi da bere. Ci sono casi di attacchi verbali o fisici a individui LGBTQI ma tutto sommato la Giordania non è un paese violento.

Com’è vivere da membro della comunità LGBT nel vostro paese? Ci sono associazioni che offrono supporto? Siete in contatto con loro?

Sfortunatamente, tolleranza e accettazione per le persone LGBT in Giordania ci sono solo se vivi nella capitale e in alcune zone più che in altre, così come dipendono dallo status economico e sociale. Molte persone pensano che essere gay sia la stessa cosa che essere transgender, e come accade nella maggior parte delle società patriarcali, la femminilità è giudicata e oppressa, mentre la mascolinità è lodata. La discriminazione che la comunità LGBT deve subire è basata sull’ignoranza e supportata da visioni tradizionaliste e conservatrici. Ho conosciuto molta gente che manifesta tolleranza solo verso gay “maschili”. In Giordania, la minoranza più vulnerabile è quella della comunità transgender, che deve affrontare ogni sorta di discriminazione. L’unica iniziativa in Giordania al momento che lavora senza sosta per aiutare la comunità LGBT in Giordania è la Rainbow Street Org.

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