L’Iran, culla del femminismo in medioriente prima della rivoluzione islamica del 1979

L’Iran è sempre stato un paese dominato dal terrore e dall’oppressione, oppure chi manifesta desidera tornare a un precedente benessere che oggi non esiste più?

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Il monologo di Pegah Moshir Pour, insieme a Drusilla Foer, al Festival di Sanremo 2023 ha riportato sotto i riflettori nel nostro paese la questione iraniana. È il 16 settembre 2022 quando la ventiduenne Mahsa Amini, viene assassinata dalla polizia morale con l’accusa di non aver indossato correttamente il velo islamico.

I tentativi d’insabbiamento da parte delle autorità non bastano: l’Iran viene presto a sapere che Mahsa è stata brutalmente picchiata, violentata e infine uccisa dal braccio armato del regime. La sua morte diventerà il simbolo di una nuova rivoluzione iraniana al grido di “donna, vita, libertà”.

Ma questo è sempre stato un paese dominato dal terrore e dall’oppressione, oppure chi manifesta desidera tornare a un precedente benessere che oggi non esiste più?

I diritti delle donne in Iran: una battaglia interrotta

Le prime vittorie femministe per le donne iraniane furono ottenute a partire dagli anni 20. I significativi progressi verso l’emancipazione e l’uguaglianza di genere avevano reso l’accesso all’istruzione più semplice, e questo – di conseguenza – aveva avviato una trasformazione profonda nel tessuto sociale dell’Iran.

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Donne iraniane all’Università di Theran

A metà del 90’, le suffragette avevano aperto la strada alla politica per le donne iraniane. Grazie alle associazioni e ai ferventi movimenti femministi nacque il Partito Femminile Iraniano, nel 1942. Nonostante una strenua opposizione da parte delle frange conservatrici, la rete collaborativa tra il partito e le associazioni di categoria riuscì a condurre campagne di advocacy importanti volte al miglioramento della condizione femminile.

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Le suffragette iraniane

Il che era dovuto anche all’importante contributo della sorella gemella dello Shah, Ashraf Pahlavi, membro del Alto Consiglio Delle Organizzazioni Femminili.

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Ashraf Pahlavi, sorella gemella dello Shah

All’inizo degli anni 60’, lo Shah spalancò le porte al diritto di voto tramite un referendum, a cui le stesse donne poterono partecipare. Naturalmente, la vittoria fu schiacciante.

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Donne iraniane votano al referendum per il suffragio universale

Fecero seguito diverse altre riforme, tra cui il “Family Protection Act”. Una svolta storica che fornì maggiori tutele alle donne nel matrimonio: esse potevano chiedere autonomamente il divorzio e ottenere la custodia dei figli, e l’età idonea per sposarsi fu alzata ai 18 anni, non più 13.

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Un picnic all’aria aperta in Iran, negli anni 60

Verso la fine degli anni 70’, la presenza femminile in parlamento era aumentata – e molte presero posto anche nelle amministrazioni locali.

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Il movimento femminista iraniano nella lotta verso la parità di genere

Le donne iraniane erano anche parte integrante, attiva e importante della forza lavoro, occupando posizioni di rilievo in ogni ambito.

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Proprietarie di un negozio di parrucchiere per signora in Iran

La rivoluzione islamica

Fu un errore fatale a consegnare l’Iran nelle mani degli estremisti. Lo Shah abolì il sistema multipartitico concentrando una gran parte del potere nelle proprie mani, cosa che non piacque ai movimenti popolari già insofferenti per le politiche di ammodernamento implementate fino a quel momento.

Il carismatico leader, l’Ayatollah Khomeini, mobilitò dal suo esilio tutte quelle fasce di popolazione sfiduciate nel governo dello Scia Reza Pahlavi, incoraggiandole a istituire un radicato e inarrestabile movimento di protesta violenta che portò, il 16 gennaio del 1979, alla deposizione della monarchia.

Il regime islamico prese il potere proprio sotto il comando di Khomeini, nuovo leader supremo dell’Iran.

Come temuto e previsto dai movimenti femministi, le donne persero gradualmente ogni diritto conquistato fino al 1979: inizialmente, vennero estromesse dalla sfera pubblica. Poi, venne abrogato l’Atto di protezione della Famiglia. Infine, venne istituito l’obbligo d’indossare il velo islamico.

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Nonostante il rapido, sistematico e inesorabile attacco ai diritti femminili, le donne non accettarono da subito le nuove restrizioni. Questo diede vita a un’ondata di repressione violenta, che pose fine a qualsiasi atto di ribellione fino agli anni 90’.

Fu uno dei pochi movimenti femministi rimasti, proprio nel 1990, ad ottenere nuovamente la possibilità di divorziare e ottenere la custodia dei figli. Ma le vittorie furono poche e sporadiche dopo quest’ultima.

Cosa c’è in ballo per l’Iran alla luce delle ultime proteste

Ci sono diversi punti di vista da considerare quando si guarda alle attuali proteste in l’Iran.

Quella che era iniziata come una lotta simbolica dopo la morte di Mahsa si è fusa in un movimento molto più ampio contro l’attuale regime islamico, con la “generazione post-rivoluzionaria” che rifiuta il sistema attuale.

Inoltre, la frustrazione derivante da una serie di eventi nella sfera politica, economica e sociale ha sempre più isolato il governo della linea dura dalle richieste della popolazione.

Allo stesso tempo, il sostegno internazionale alle donne iraniane si è dimostrato solido e costante.

Sebbene il paese sia già stato soggetto a dure sanzioni dal 2016, il 6 ottobre il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha imposto nuove sanzioni contro sette alti dirigenti del governo e della sicurezza iraniani per violazioni dei diritti umani, oltre a sanzionare la polizia morale, alti dirigenti, e altri leader delle organizzazioni di sicurezza subito dopo la morte di Mahsa.

Poiché il velo è un simbolo visibile del controllo della Repubblica islamica sulla popolazione, le attuali proteste sono un attacco diretto contro la caratterizzazione dell’identità dell’Iran da parte del regime islamico in patria e nel mondo.

È improbabile che l’amministrazione ceda per consentire qualsiasi cambiamento importante nella loro posizione sulle donne, poiché cedere non farebbe che esporre l’attuale governo a ulteriori attacchi alla propria legittimità e capacità di mantenere il potere in Iran.

Secondo un sondaggio del 2020 condotto su 50.000 iraniani, il 75% si è opposto all’hijab obbligatorio, un drastico cambiamento rispetto ai giorni della prima rivoluzione, quando solo un quarto della popolazione iraniana era contrario.

La causa principale del movimento, in ultima analisi, sembra essere una gioventù insoddisfatta, in contrasto con un’élite conservatrice guardinga.

A seconda di quale parte sopravvivrà all’altra e in quale stato si troverà il paese alla fine delle proteste, le implicazioni per il movimento delle donne saranno enormi.

Le leggi potrebbero essere ulteriormente inasprite, o al contrario, l’Iran potrebbe entrare in un’era di riforme.

Nessuno dei due scenari si verifica mai senza un periodo d’incertezza politica.

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